domenica 23 dicembre 2007

Allenamenti femminili e della nazionale, Bergamo

Trascrivo alcuni appunti sparsi, colti qua e là, in occasione degli allenamenti della nazionale in dicembre. Si tratterà di ovvietà per chi ne sa qualcosa, non per me che sono una principiante assoluta.
Mi è utile. Potrà essere utile anche a voi? (Sperando di aver recepito correttamente i concetti...!)

L'AZIONE: L'espressione più matura del kendo è quella di dare tutto in un'unica azione. Si può fraintendere l'espressione "unica azione" identificandola con "unico movimento". In realtà la mia azione non termina con un unico movimento, questo è solo un segmento dell'azione. La mia azione termina quando sono riuscita a colpire o sono stata colpita. In caso contrario occorre continuare, continuare... Occorre fluire sempre, creare un flusso continuo di occasioni: fatto un tentativo, creare subito qualcos'altro.

L'ATTEGGIAMENTO: In genere, salvo alcuni fortunati casi, in Italia cominciamo kendo a trent'anni! E dobbiamo farlo con la maturità di un giapponesino di 10 anni che ha cominciato da poco. Non ha senso puntare subito a imitare i settimi dan. Dobbiamo avere un'attitudine libera come quella di un bambino che fa e tira senza neanche quasi sapere perché. Se si ambisce in modo acerbo a imitare uno Zago, si rischia di imparare a essere statici, immobili. Perché il kendo maturo, frutto di esperienza, perizia e approfondimento, è misurato, temperato.
Quello dei giovani di pratica, il kendo dell'inesperienza, è movimentato ed elettrico. Ed è giusto così, altrimenti in futuro mancherebbe un tassello e mancherà sempre come quando, nella vita, per vari motivi non si vive la propria adolescenza.
Solo vivendo il kendo "giovane", il futuro 7° dan potrà riconoscere lacune e difetti di chi si trova di fronte, perché li conosce avendoli vissuti a sua volta per primo. E' un arricchimento di esperienza.
In Giappone iniziano presto. Puntano sullo shiai fino a 25 anni. Fino al 3° dan si è principianti. Una certa incoscienza è quella che ci vuole negli shiai. Dopo il 3° dan si comincia a studiare il vero kendo.

KENDO MASCHILE E FEMMINILE: Avevo chiesto se una donna può raggiungere i livelli maschili. La risposta è stata: "Non il livello dei migliori tra gli uomini, ma il livello della media maschile sì".
Ho chiesto poi che differenza c'è nell'affrontare un avversario maschile ed uno femminile. La risposta è stata: "Il kendo maschile è più travolgente e più definito (ndr: e io che sono donna sono pienamente d'accordo), è più facile forse capire cosa stia facendo l'altro; le donne invece hanno un kendo più morbido e indefinito e può mettere in difficoltà nel senso che non si capisce cosa stiano facendo".
(Beh, come nella vita di tutti i giorni...... ^___^ , ndr)

ANNOTAZIONI TECNICHE:
- Osservando la potenza esplosiva di un kendoka e chiedendo chiarimenti: da una posizione di quasi totale staticità, un'immediata azione propulsiva è possibile grazie al rilassamento.
- Si fa tutto con le gambe e la shinai è l'ultima a creare l'azione, è (quasi) una conseguenza.
- Nel dare il colpo mai far tornare indietro la punta (non è una frusta), ma tenerla sempre in avanti.
- Distanza: Non camminare indietro, ma dare un'accelerazione nei primi due metri.
- Modulare sempre le proprie azioni perché altrimenti si diventa prevedibili.
- Piccolo men: non prendere la rincorsa!
- Tsuki: non la punta verso l'alto se no piego la testa indietro all'avversario e gli faccio male. Colpo dritto orizzontale. Anche nel riceverlo devo indietreggiare col corpo e non azare la testa se no "sbava".

CHIUDO CON UNA PICCOLA NOTA:
IERI 22 DICEMBRE, UN ANNO FA, HO SCOPERTO IL KENDO. ERO ANDATA A FARE UNA LEZIONE DI PROVA, COSì, TANTO PER CONOSCERE, HO CONOSCIUTO CHRISTIAN E IL SUO MODO DI INSEGNARE, E SONO RIMASTA FOLGORATA DA QUESTA DISCIPINA.
A DISTANZA DI UN ANNO DI TRAVERSIE VARIE ED EVENTUALI, SONO ANCORA QUI A PARLARE DI KENDO.
L'INNAMORAMENTO PERDURA.
E FINALMENTE SONO ISCRITTA UFFICIALMENTE AL CUS VERONA.
CHISSA' COSA MI RISERVA QUESTO ANNO CHE STA PER INIZIARE!

AUGURI A TUTTI E A PRESTO!!!

AMA

martedì 18 dicembre 2007

Kendo sincronicity - 2

Ma ragazzi! Cosa sta succedendo?!?
E' successo poco fa.
Alle 8:00 mi sono alzata per prepararmi per l'appuntamento mattutino con la fisioterapista.
Mi sono alzata con una serie di riflessioni.
"Che ci faccio qui?", questo, il pensiero madre.

Alla luce del fatto che sto sentendo un forte bisogno di cambiare la mia vita, perché sto maturando una diversa coscienza di me, alla luce di alcuni fatti personali che mi stanno accadendo, e della conseguente stanchezza emotiva, alla luce del bisogno di appagamento che può dare una vita gustata a rincorrere i sogni, stamattina, guardando dalla finestra il profilo conosciuto della mia città, mi sono chiesta, appunto: "Che ci faccio qui?".
Già sto cercando un altro lavoro, perché questo che ho non mi permette, tra le altre cose, di praticare...
...E chi l'ha detto che io debba cercarlo proprio qui?
Non ho, purtroppo e con rammarico, legami sentimentali: questo è il genere di sogni che non dipendono esclusivamente da me; rincorrerli ha meno senso.
Il lavoro, già che lo voglio cambiare, non costituisce un legame.
I legami con la mia famiglia d'origine non sono poi così stretti.
Ho degli amici stretti e veri, gli stessi che, quando sono partita per l'America, erano i primi a essere contenti per le prospettive di una nuova vita per me. Quegli amici che so che ci sono e ci saranno sempre, ovunque io sia. Gli stessi che dicono: "Nonostante il dispiacere di non averti presente e vicina, c'è il piacere per noi di qualcosa che ti dà gioia. E se è vera amicizia, questa non può costituire un limite alle tue esperienze. La vera amicizia valorizza la tua libertà".
Ho gli amici veri nel cuore. E un sogno da un anno: il kendo, che si manifesta e sembra chiamarmi attraverso eventi e messaggi speciali.
"E se a questo punto me ne andassi a vivere in Giappone?".
Se mai avrò una famiglia, questo non mi permetterà di vivere delle pazzie, perché la famiglia avrà la precedenza. Sono ancora in tempo per vivere matti sogni. Se non lo faccio ora, non lo faccio più.

Mentre vaneggiavo in questo modo, recandomi all'appuntamento, alla luce di quello che ho scritto nel post precedente, mi è venuto in mente di chiedere un segnale per capire se questi sono soltanto delirii di una ragazza delusa da eventi recenti, oppure se questa ipotesi può essere veramente la soluzione al mio bisogno di far chiarezza, essendo giunta ad un punto cruciale della mia vita.
Ero, alle 9:45, nella saletta a fare gli ultrasuoni alla caviglia; stavo scrivendo un sms a Laura.
C'era la porta aperta, e sentivo in lontanza le voci della fisioterapista e di un paziente provenire dalla palestra.
Ad un certo punto sento distintamente la parola "Giappone".
Campanello d'allarme.
Ma stavolta non ero stupita. Era come se me lo aspettassi.
Mi è venuto da sorridere.
Quando Enrico e la fisioterapista sono entrati nella saletta delle macchine elettromedicali, dov'ero io, ho chiesto subito:
"Stavate parlando del Giappone, poco fa?"
Enrico: "Sì, c'è andato mio zio 25 anni fa"
Ed io: "In villeggiatura?", ma ormai mi aspettavo già la sua risposta e, quando l'ho sentita, ero calma, e mi è scappato un sorriso.
"No, per lavoro. E' molto bello."

Ragazzi, non sto sparando dei razzi. Sto dicendo sul serio.
L'ho sentito con le mie orecchie.
Ho chiesto un segnale. Un'ora e mezza dopo l'ho ricevuto.

E ora?

Proprio qui, di fianco a me, sulla scrivania, ho pronto il certificato medico per l'iscrizione al CUS. Nonostante tutto, mi hanno ritenuta idonea all'attività agonistica. :-D
In due o tre giorni sono iscritta.

Ho già parlato altrove di tanti fatti che, durante quest'anno, hanno rimandato questo momento.
Non ultimo, un'esperienza privata breve, intensa, finita in malo modo in questi giorni, che non mi fa gradire momentaneamente l'idea di frequentare l'ambiente del kendo italiano.
Ricevo messaggi contrastanti. Da una parte un anno costellato di difficoltà e ostacoli che hanno limitato la mia possibilità di praticare (vedi post dell'incontro ama vs. Mr X), dall'altro messaggi lampanti come quelli raccontati nel post precedente (e ho altre belle sincronicità da raccontarvi a riguardo, una avuta in febbraio, altre a fine maggio).
Che anno strano.
Forse devo praticare kendo.
Forse non qui.

Mi ritiro per deliberare.

domenica 16 dicembre 2007

Kendo sincronicity

Ora che è passata una settimana, e ho metabolizzato lo stupore, questa ve la devo proprio raccontare.
Non è la prima volta che in situazioni di confusione e smarrimento chiedo un segnale dall'alto sulla strada da seguire e... mi piove in testa una tegola.
Intanto mando direttamente da questo post un piccolo saluto al caro nishinkan, perché so che recepisci favorevolmente questo tipo di argomenti.
"Cos'è la sincronicità? Una sincronicità si presenta apparentemente come un incontro casuale che tuttavia sembra divinamente orchestrato. (...) Il loro accadimento colpisce chi vi è coinvolto, che li percepisce come eventi speciali, inattesi o inspiegabili secondo la normale logica causa-effetto. L'effetto di una sincronicità sulla psiche è di suscitare la consapevolezza del fatto che forse uno scopo più grande - o persino divino - è all'opera. (...) Per esempio, forse abbiamo bisogno di qualche informazione particolare, e inaspettatamente ci imbattiamo in qualcuno che ci dà esattamente quello di cui abbiamo bisogno.(...) Il termine sincronicità fu usato per la prima volta dallo psicologo svizzero Carl Jung, che iniziò a riguardare gli avvenimenti coincidenti come fenomeni che sembravano appartenere a un diverso ordine del mondo. Fino a epoche recenti la nostra spiegazione del mondo materiale fu basata soltanto sulla logica e interpretata in termini di causa ed effetto.(...) Le cose sono cambiate. La nuova scienza, basata sulla teoria quantistica, ora ci dice che la causa e l'effetto spiegano solo in parte il nostro mondo fisico. Noi non siamo delimitati dal tempo e dallo spazio così come pensavamo. Per esempio, gli scienziati hanno fatto un esperimento in cui sono state divise delle molecole ed è stata mutata la rotazione di una delle particelle che le componevano. Si è visto che la particella collegata alla prima cambia rotazione all'istante, indipendentemente da quanto si trovino distanti. In questo modo l'interrelazione delle particelle rimaneva costante, senza che venisse influenzata dalle variabili di tempo e distanza. Sembra che tutte le cose esistano all'interno di un campo di energia interconnesso." (da "Lo scopo della tua vita" - C.Adrienne, Ed.Corbaccio).
Più volte ho avuto la sensazione, magari in momenti estremamente bui e pesanti, di non essere sola, come se "qualcosa" fosse in ascolto.
In momenti particolari mi è capitato più volte di rivolgere richieste e... ricevere risposta tramite segnali.
Altrettante volte mi sono chiesta se stavo sognando, se era tutto frutto della mia fantasia... insomma la mente e la razionalità intervenivano subito per rimettere tutto... "a posto".
Ma quando questi segnali sono "solidi", concreti e tangibili, non posso più raccontarmi che ho preso uno "svarione".

Domenica 9 sarei dovuta andare a Ferrara a vedere gli esami di kendo. Ho deciso da un po' che non voglio perdermi nessun appuntamento che riguardi questa bella disciplina.
Sabato 8 mi sono vista con una persona che conosco da molto poco.
Il primo incontro, quello precedente, era stato per me favoloso.
Quello di quel sabato mi aveva lasciato invece perplessa e poco convinta, con una sensazione strana addosso.
Per cui, di andare a Ferrara, a vedere tra l'altro questa persona dare gli esami, non avevo affatto voglia. O sì?
Sì o no? Dovevo andare? Avevo voglia? No? E perché? Stare a casa? Era la voce del cuore a dirmi così? O la razionalità?
Che caos. Non mi andava. E se mi fossi pentita?
Ricevo poi l'informazione che gli esami erano stati anticipati di un'ora.
Ecco, avevo in programma di andare a pranzo dai miei, ma con quell'imprevisto avrei dovuto saltare il pranzo e partire immediatamente.
Non che questo fosse un problema, se la situazione fosse stata più serena: se per un uomo che mi aveva chiesto di sposarlo ho lasciato gli amici (contenti per me), il lavoro e l'Italia per andare a vivere in un bosco del Connecticut, figurarsi che problema sarebbe stato saltare il pranzo dai miei per andare a ... Ferrara!!!
Ho scelto di andare a pranzo dai miei.
Ho mangiato poco, non avevo appetito (sì, yama-san, hai letto bene: NON avevo appetito); ho giocherellato un po' con la mia nipotina di un mese e mezzo. E poi sono arrivata al dunque.
"E ora che il pranzo è finito? Che faccio? Vado a casa? Vado a Ferrara?"
Scrutando dentro di me e non trovando da nessuna parte altra risposta che "Boh !", ho chiesto all'alto di ricevere un segnale.
E qui arriva l'incredibile.

Mi si avvicina mia mamma:
"Prima di andare ti devo dare un po' di cose: qui c'è la giacca di pelle riparata, un sacchetto di pane grattugiato e... poi... abbiamo trovato questa" e mi porge un pezzo di stoffa bianco ripiegato con dei segni neri.
Lo apro e...
...rimango impietrita.
Quando recupero un po' di mobilità alla mascella che mi era cascata, biascico a stento una domanda:
"Da...da... do... dove viene que... questo?"
"Mah, non so, mi sa che l'ha portata a casa anni fa tuo fratello quando è andato a vedere la Juventus!"
E mio fratello: "Chi? Io? No, non l'ho mai vista"
E mia mamma: "Ma sì, la Juve"
Mia sorella: "Non so da dove venga, l'ho trovata in un cassetto in un armadio".

Era un pezzo di stoffa bianco, con degli ideogrammi giapponesi neri.
Ho riconosciuto l'ideogramma "Ai" che significa "amore" e gli ideogrammi che compongono la parola "kendo".
Senza proferire altre parole, ho preso il tenugui e sono partita, felice, per Ferrara, da quella persona.

Ora, ditemi voi.
Nessuno sa da dove venga fuori.
Io non ho mai avuto niente di simile, niente che riguardasse il kendo.
Ho solo due shinai prese da Chri in Giappone questo giugno e niente altro di corredo al kendo, né avrei mai potuto lasciare qualcosa dai miei perché vado da loro raramente. Nessuno ha mai visto prima quel pezzo di stoffa. Nessuno ha mai praticato arti marziali nella mia famiglia, tantomeno il kendo che nella mia città e provincia non esiste.
Io ho accennato a mia mamma che vorrei praticare kendo, ma lei non sa neanche cos'è.
Chiedo un segnale e arriva mia mamma con quella che lei crede una sciarpa della Juventus.
E' un tenugui con su scritto (me lo sono poi fatto tradurre dalla mia insegnante di giapponese, sempre per l'incredulità e il timore di aver preso uno svarione):

20° anniversario del gruppo sportivo Haratani Kendo

SEI AI KEN (sacro amore spada)

Appena trovo un marchingegno fotografico ne posto in incipit la foto.
Devo ancora capire perché "mi hanno mandato" a Ferrara, ma certamente ho seguito il segnale e percorso questa strada.

Altra curiosità. Lungo il tragitto verso Ferrara, mentre ripensavo a questo fatto, e mi dicevo che probabilmente dunque questa era la strada giusta da percorrere, vedo un cartello con su scritto "via A. e il mio cognome". Come se Carlo Sappino vedesse scritto "via C.Sappino" o Carlo Caprino vedesse scritto "via C.Caprino" mentre si chiedono se stanno percorrendo la strada giusta.
Sono cose che fanno venire i brividi.
Ho guardato su Google Map, perché quella via non l'ho mai sentita, ("magari me la sono sognata?"), invece c'è, eccome.

Ora, non mi resta che capire.

giovedì 13 dicembre 2007

Ci siamo quasi!

Evviva!!! Manca poco a un sogno!!!
Ho già prodotto i documenti per l’iscrizione alla CIK, e tra poco … FINALMENTE … perfezionerò l’iscrizione al CUS VERONA KENDO !!!!
Primo passo… la visita medica!!!
Evviva!!!
L’altroieri sono andata e già mi sentivo una kendoka coi fiocchi.
…Salvo uscire dalla visita un po’ ammaccata….
Innanzitutto sono entrata con una buona notizia… mi hanno preso le misure e ho scoperto di essere più alta di un cm rispetto a quello che credevo… ma nemmeno così riesco a raggiungere il metro e sessanta :-D
Poi sarcastico verdetto della bilancia: 55 Kg!!!! Non sono mai stata 55 Kg in tutta la mia vitaaaa!!!
Poi visita oculistica: con le lenti a contatto addosso, con l’occhio dx non sono riuscita a leggere ben 5 file di lettere…
E poi lui…. Quel maledetto scalino….
Su e giù, su e giù, su e giù, su e giù…
Sono partita tutta determinata e sono arrivata che mi sentivo una Cinquecento ammaccata con le ruote sgonfie.
AIUTO!!! Ma sono consapevole di quello che sto facendo?!?
Si tratta di kendo!!! Non si scherza!!!
Se non mi do subito da fare ad allenarmi, qui la vedo proprio grigia… :(


Nell'immagine: proposta grafica di Igor Novelli

martedì 11 dicembre 2007

Epopea GdiG - 6


Laura.
La guardavo combattere e, dietro la faccia imparziale da GdiG, segretamente tifavo per lei.
Chissà come sarà quando saprò qualcosa di kendo, e mi troverò a combattere con lei.
Sarà senz’altro una bella emozione, se è vero che il kendo è anche un “dialogo” tra due persone.
Intanto stavo attenta a segnare tempi e punteggi. Mi trovo proprio a mio agio e mi diverto un sacco tra bandierine gialle, cronometri e verbali di gara.
C’è chi, come me, si diverte più così, che non passare il week-end secondo i consueti canoni del “divertimento”.
A volte mi chiedo se sono a posto, se mi manca qualcosa.
Guardo i coetanei (non parliamo di quelli ancora più giovani che proprio capisco ancora meno) e non mi ci ritrovo.
Non conosco i locali di divertimento della mia città e dintorni.
Preferisco una bella tavolata tra amici che fare quattro salti da qualche parte al ritmo di una musica che non mi dà nessuna emozione (non che la musica che piace a me sia da prediligere, anzi, capisco bene che possa non piacere ad altri).
Preferisco parlare con gli amici di grandi progetti, iniziative, sogni, il significato sfuggente della vita, di come ce la aspettavamo, di come invece è andata e di come forse sarà. Davanti magari a qualcosa (poco) da bere o mangiucchiare. Prediligo posti dove si possa parlare.
Di sogni e progetti.
Avete presente no? Qualcosa tipo… quegli artisti o letterati che si trovavano nei caffè a fantasticare su nuove correnti stilistiche da proporre al mondo, forse un pretesto per trascorrere il tempo insieme, in compagnia di persone con gli stessi interessi.
Però mi manca lo scherzo, la risata. Un modo diverso di stare insieme.
Pensavo di recente a personaggi come Klaus e Daniel del Cus Verona. Daniel con le battute e i racconti, Klaus con i racconti e una mimica esilarante: quando partono, diventa veramente un godibilissimo spettacolo guardarli insieme.
A volte mi chiedo se sono troppo seria.
Anche da adolescente (a parte una fugace patologia per i Duran Duran e gli A-ha, a cui non è scampata nessuna ragazzina dei miei tempi) non mi invaghivo di attori o musicisti avvenenti. Anche adesso, a me un Brad Pitt non dice assolutamente niente. In compenso in casa mia campeggia un mega poster di un balestriere inginocchiato di epoca Qin.
Che figo che è!
Quegli antichi lineamenti orientali che trasudano fierezza guerriera incastonata nella terracotta!!!
Sì, a volte mi chiedo ...
Comunque perché tutte queste paranoie? Se io mi diverto un sacco a passare le domeniche in altre città ad alzare bandierine gialle… che male c’è?!?
Intanto gioivo segretamente delle vittorie di Laura, passata in semifinale. Grande!!
Ovviamente poi le squadre… Nel mio quadrato c’era la squadra con Giacomo, Pier e Flavio del Cus. Purtroppo non sono riusciti a dare appieno quello che so che possono.
Si sono spinti oltre i miei compagni dell'altra squadra del Cus Verona, perdendo contro il Savona Kendo, ma piazzandosi terzi. Dispiace per Daniel, che non ha ancora portato a casa particolari soddisfazioni come meriterebbe il suo buon kendo. Stupore nel vedere Vittorio, una nuova leva che ha iniziato a febbraio, che ha dato il massimo di sé con una grinta fenomenale, tentando di applicare ogni tecnica conosciuta ad ogni occasione possibile, e questo, alla sua prima esperienza di gara! Mi ha colpito molto anche vedere con quanta foga e partecipazione Klaus (Claudio Intrieri), faceva sentire ai ragazzi la sua vicinanza.
Sono stata comunque contenta del risultato ottenuto dal Savona Kendo, è nota la mia predilezione per il mitico Sappa (senior), e non nascondo che speravo fortemente in una loro vittoria, anche se contro il Kodokan, beh... c'è poco da sperare.
Che gran giornata!!! Mi sono sentita benvoluta da tutti (non è forse questo il nostro più sotterraneo desiderio?) e questo l'ho percepito particolarmente nel calore che mi hanno dimostrato i compagni Giudici di Gara, anche quelli che non conoscevo, e i responsabili e organizzatori della manifestazione, tra cui c'era anche Serafino Mellone, una persona che mi aveva molto colpito per la sua disponibilità mostrata a noi principianti senza armatura, quando ho partecipato in gennaio al seminario a Calcinato in memoria di Ohtsuka Sensei. Gliel'ho detto, infatti.
Mi sono poi avvicinata a Laura per complimentarmi con lei, vittoria!!!! Le ho detto che tifavo per lei. Sì, io tiferò sempre per Laura... tranne se e quando... capiterà che dovrò combattere contro di lei... :-)
Laura stava per consegnare un foglio (credo fosse un questionario che aveva richiesto Takenori Ito per la sua tesi di laurea), e, appena appoggiato, di colpo mi prende e mi abbraccia forte! Io, stupita, ricambio forte. Finalmente!!! D'improvviso si era sciolta quella strana sensazione di imbarazzo e di incapacità di esprimersi che si era creata dal momento che ci siamo conosciute su questo blog a quando ci siamo viste per la prima volta di persona.
Che grande giornata.
Non ho descritto tutte le emozioni, tutto il mondo che ho vissuto quel giorno. Vi è mai capitato di sentirvi in un particolare stato d'animo, grazie al quale ogni cosa accade al momento giusto, da sola, senza alcuno sforzo e tutto procede da sé, meravigliosamente bene? Credo che capiti a tutti, un giorno... un momento... anche un solo istante... e arriva e accade forse per comunicarci che vivere così... è possibile. Certamente, una cosa impossibile non accade neanche una sola volta. Perciò, se è accaduto per un istante, POTENZIALMENTE è possibile viverlo sempre.
Sì, volutamente ho omesso di riportare tante altre belle emozioni.
Ma il 25 novembre 2007 rimarrà impresso dentro di me per sempre.


Nella foto, un momento della manifestazione: Zago in dimostrazione, ed io dietro al manifesto che lo guardo.
(Foto di Mario Corallo - Shumpukan, Milano)

giovedì 6 dicembre 2007

Versione inglese!

English version available.
Che bello che sarà se riceverò commenti da altre parti del mondo!!!
Ciaoooo!!!!

venerdì 30 novembre 2007

Epopea GdiG - 5

La giornata si è conclusa con una bella sensazione di soddisfazione. La soddisfazione di aver imparato tante cose nuove, conosciuto persone nuove, e portato a casa tanto divertimento.
Ricordo anche una bella discussione con Christian, che mi ha accompagnato alla stazione dei treni e gentilmente è rimasto con me nella mezz’ora di attesa.
Mai però mi sarei aspettata una soddisfazione come quella che avrei vissuto un mese dopo, in qualità di GdiG al Memorial Massimo Ficuciello!!!
25/11/07: Un giorno perfetto.
Avevo una voglia matta di andarci! E voglio assistere a tutte le occasioni che si presenteranno per fare pratica.
Mi sono alzata alle 4:30. Stavolta però niente treno eh eh! Anche se non riesco a piegare mignolo e anulare della mano sinistra, a guidare riesco lo stesso. Una delle cose che adoro di più è lanciare i miei sogni su un’autostrada e partire per acchiapparli.
Adoro l’autostrada.
Ora sono qui. Tra tre ore sarò là! Non è meraviglioso?!?
Anche se faccio una fatica maledetta a scollarmi dal letto, quando ci riesco mi piace tantissimo gustarmi il mattino presto.
Mi sono alzata e sono andata in cucina.
Fuori il buio… e il silenzio… del sonno… delle case…

…il profilo... storico della... mia città…

…una bella giornata… che inizia…

…ZZZZ…

Mi riprendo con l’aroma del caffè che si fonde con la mia sonnolenza.
Acc! Non ho tempo per far colazione (anatema!) devo muovermi e inforcare la macchina il prima possibile per evitare un passaggio da incubo: per me, il tratto autostradale Bergamo-Dalmine è più terrificante del temibile stretto di Gibilterra, dove finiva il mondo e oltre il quale gli antichi non osavano passare.
Lì c’è sempre una coda della madonna, invece, sarà per l’orario mattiniero, o per la nuova quarta corsia, ho fatto un viaggio liscio come l’olio fino a Novara. Intanto è arrivata la luce già da un pezzo, il mattino è fresco, e rimango a bocca aperta a guardare la bianca muraglia delle Alpi all’orizzonte. Come sono alte! Mi fanno uno strano effetto, perché non sono abituata a vedere queste alture.
Vivo proprio in una pozzanghera della Val Padana, e tutto quello che riesco a vedere all’orizzonte, e solamente nelle giornate di sole accecante, è il Monte Baldo veronese, in lontananza.
Niente a che vedere con la maestosità di quella corona di roccia che ho visto in Piemonte.
Del resto, il Piemonte, fino a prima di quest’anno, non l’avevo mai visto.
Evviva evviva evviva!
Ci siamo! Con le chiare indicazioni lette in internet sul volantino della manifestazione arrivo a destinazione in pochi minuti.
Memore di quello che ho provato a Genova, oggi ho deciso che voglio vivere una giornata sensazionale. Punto.
Arrivo alle 8:30. Noooo!!!
Non mi sono fermata all’Autogrill a fare colazione perché avevo premura di arrivare in buon anticipo (la manifestazione iniziava alle 9:00), ma confidavo di poterla fare all’arrivo. Di nuovo mi ero dimenticata che era domenica! Bar chiusi, quel palazzetto era sprovvisto di qualsisasi cosa di commestibile fino al mezzogiorno.
Per fortuna che c’era mamma Filippi, che mi ha salvato con un pacchettino di Pavesini. Mi sarei rifatta poi col pranzo.
Ero un po’ tesa… e mi sono messa un po’ in disparte a ripassare gli appunti del corso per giudici di gara.
Evviva! Con piacere rivedo Carlo e Mino! Il divertimento è assicurato.
Conosco meglio anche Michela, gentile e pronta ad allietare la vita dei GdiG, preparando bevande calde e occupandosi del pranzo. Il rammarico, mio e di Carlo, è di non aver potuto mangiare il suo favoloso sushi.
Trovo una piacevole accoglienza da parte di tutti. Aiuto i GdiG ad aver chiara la situazione squadre e atleti partecipanti fornendo i nominativi che recupero al tavolo delle iscrizioni, dove trovo dei personaggi singolari e simpatici.
Sono abbondantemente passate le 09:00 e gli atleti non sono ancora arrivati tutti.
Sono al tavolo col mitico Carlo. Sto proprio bene.
Sono troppo felice di essere qui.
Segno i punti sul verbale. Sono iniziate le gare femminili.
Io tengo e terrò sempre per Laura.

lunedì 19 novembre 2007

Due stranissimi giorni in cui ho capito ... di non aver capito proprio un c


Due giorni.
Sabato mattina ho assistito in due diversi paesi del Veronese all’attività dimostrativa che Christian Filippi cura nelle scuole elementari al fine di promuovere il kendo e diffonderne i valori. Dimostrazione esauriente per il breve tempo a disposizione.
Pochi, come sempre, i genitori che sono venuti ad assistere.
Poi, sosta in una trattoria dove ho assaggiato dei buoni gnocchi ai formaggi fatti a mano (ma i miei compagni di dojo mi hanno parlato di certi gnocchi di malga, tipici di quei luoghi, che non siamo riusciti ad andare a mangiare, e mi è rimasta una notevole curiosità… questa lacuna s’ha da colmare!) e dei normali wurstel con patatine, ottimo tiramisù fatto in casa, caffè e una buona dose di abbiocco che mi è rimasto per tutto il viaggio verso Alessandria, destinazione… casa di Mino!!!
Ho voluto fare i complimenti ai genitori di Christian perché sono genitori che partecipano e hanno sempre partecipato alla sua vita.
Invece, quando giro per manifestazioni o gare, non vedo mai nessun genitore che si sposta per partecipare a momenti importanti dei figli.
La cordiale accoglienza dei coniugi Filippi si è tradotta innanzitutto nella disponibilità ad ospitare ben sette persone per la notte, e in una buonissima cena preparata con cura fin dall’esordio degli antipasti: bocconcini caldi di sfoglia ripieni di wurstel, patatine, spicchi d’aglio sott’olio, salamino di cinghiale, salamino al tartufo, fettine di lardo aromatizzato, e poi: tagliatelle gialle e verdi alla viscontea, formaggi misti, insalata di valeriana, il tutto innaffiato da ben tre tipi di vino Dolcetto come da proposta del buon Mino, frutta, torta al cioccolato fatta dalla signora Filippi, un anello della felicità di Cittadella di Padova portato da me e un vino dolce veronese portato da Pier. Tramortita da tanta bontà mi sono trascinata a letto dopo una serata stracolma di risate con Claudio e Daniel, dei veri showmen di prima categoria! Quando ci si mettono, quei due sono veramente inarrestabili!
Per tutto il tragitto degli spostamenti sono rimasta basita dalla straripante simpatia dei ragazzi del Cus Verona. Io, in fin dei conti, non li conosco affatto.
Alla mattina, destinazione Genova, un piccolo rimpianto per non aver potuto assaggiare quella famosa bagna cauda che ho sempre sentito nominare e che sarebbe stata oggetto di un’altra abbuffata in casa Filippi.
Ma c’erano gli esami di Giacomo e Pier da andare a vedere. Forza ragazzi!
Non ho mai visto esami di kendo.
Quando sono iniziati ero agitata pure io.
Figurarsi quando dovrò sostenerli davvero.
I nostri ragazzi hanno conseguito l’obbiettivo.
E anche i ragazzi del Savona Kendo! Già, perché ho avuto il grande piacere di rivedere Carlo Sappino!!!
Complimenti a tutti!
Due giornate ricche e intense… già… e il perché del titolo?

In questi due giorni io sono andata completamente in TILT.
Proprio così, Kaputt, K.O.
Il mio kendoka avversario più importante, che mi sfida da sempre, fin da quando andavo all’asilo, è tornato per ricordarmi la sua presenza. Si tratta di un mio potentissimo limite, che non ho ancora superato, e ieri l’ho avvertito affiorare con tutta la sua forza, come se, in senso figurato, un kendoka mi si ponesse di fronte in jigeiko per esortarmi a combattere con lui, imparare da lui, e superarlo.
Ma non ce l’ho fatta.
Sono perita sotto una mitragliata di men come se io, con solo 6 lezioni di kendo alle spalle, avessi fatto jigeiko con Eiga… non so se riesco a rendere l’idea.
Volutamente non vi parlo di cosa si tratta. Me lo tengo per me.
Questo post mi serve da promemoria personale, per ricordare questo giorno. Per ritornare a leggerlo, quando avrò sconfitto questo kendoka (ehm, il mio limite… mica Eiga……..!!!!!!!!).
Uscita devastata da questo jigeiko interno, ho chiaro definitivamente cosa sia fondamentale per me per crescere, e su cosa, nella vita, io debba ancora lavorare parecchio.

Nella foto di Mino, noi accampati in casa Filippi, durante il rito pre-esame della sistemazione degli shinai.

sabato 10 novembre 2007

Epopea GdiG - 4


E così arrivo a questo fantomatico Centro Sportivo di via Carpinoni.
Nel cortile d’entrata, diversi kendoka chiacchierano e ridono in gruppi.
Quanto vorrei essere dei loro…
Entro nel Centro, chiedo qualche informazione a una gentilissima ragazza che solo in un secondo momento ho scoperto essere Mirial Livolsi, rimanendo particolarmente colpita dall’umiltà di questa donna da sempre ai vertici del kendo nazionale, così cortese, così disponibile con la prima sconosciuta, credo visibilmente spaesata, che si era rivolta a lei per chiedere indicazioni sul corso per Giudici di gara…”Sono le dieci, è già iniziato?”
Dato che c’era ancora tempo, sono tornata in cortile a perseguire l’obiettivo che aspettavo da diversi giorni: identificare yama-san, l’autore di un blog veramente… notevole. ☺
E anche qui si fece notare la mia scarsa capacità di riconoscere le persone.
Mi ero figurata, nei giorni scorsi, un’entrée ad effetto (mi viene il dubbio che forse stia guardando troppi spaghetti western…)così, una volta identificato yama-san, mi sarei avvicinata attendendo il momento in cui il suo sguardo si sarebbe posato su di me con aria interrogativa per poi chiedergli: “Ma lei non mi doveva una birra?”, così mi avrebbe riconosciuto, per uno scambio di post sul suo blog che parlavano di questo.
Invece… macché!
Ricordavo vagamente alcuni attributi: chiaro, paffutello, simpatico. Una descrizione sommaria che poteva benissimo attagliarsi all’identikit di… un peluche! E ora? Cosa potevo farmene dell’identikit di un peluche?
Così, sconsolata, mi diressi verso il volto noto di Laura che però stava parlando…con… con… un signore…
.....“e se fosse lui?”.
Mi sono avvicinata, guardandolo con una certa insicurezza ed una timida insistenza. Ad aggravare le mie difficoltà c’era un paio di occhiali da sole a “occhio di mosca” a mascherare un terzo del volto.
Io lo guardo, lui mi guarda, non dico niente, restiamo lì qualche secondo fino a che lui mi chiede: “Di dov’è? Viene da Novara?”
“No… e lei di dov’è?”
“Savona”
“MA ALLORA SEI TU!!!!!!!!”
Evviva! Potevo esternargli di persona la mia ammirazione!
E’ così bello avere dei buoni motivi per ammirare le persone!
E così, dopo il mio rocambolesco viaggio, sto per iniziare il corso che mi farà diventare GdiG.
Arriva una persona che avevo conosciuto nove mesi prima, sempre in occasione del Trofeo dei Laghi… il mitico Mino, un personaggio: l’ho visto solo il 28 gennaio, ma il suo modo immediato di rapportarsi alle persone le fa sentire da subito conoscenti di lunga data, perlomeno è quello che è successo a me.
Così sono stata contenta di vederlo; a corso iniziato, continuava a punzecchiarmi con delle battute per tutte le pagine di appunti che stavo prendendo. Bé… per una che ha fatto solo 6 lezioni di kendo… se non mi affretto a scrivere frasi come: “segnare i tempi degli ippon e degli hansoku ikkai e nikkai; il tempo si ferma solo quando l’arbitro dà yamé o men ari do ari etc. o il gogin, per il wakaré non si deve fermare il tempo…” …abbiate pazienza, io il giapponese ho iniziato a studiarlo da poco…
5 pagine di appunti, e tanto divertimento!
Battute, scherzi, piacere di stare insieme.
Ma sono rimasta molto, molto impressionata (cosa visibile soprattutto in Carlo) che nell’esatto istante in cui, finito il corso, ci si doveva apprestare a fare i preparativi per le gare di selezione della nazionale, il clima, da scanzonato e leggero che era, si è trasformato subito in serio ed estremamente professionale.
Questo mi ha fatto capire maggiormente lo spessore della/e persona/e che avevo di fronte per la/e quale/i, se è tempo di ridere, bene, sia pure!, ma se il tempo non è più, allora viene il momento della concentrazione, dell’attenzione, della serietà.
Ero un po’ tesa. Tra poco avremmo dovuto mettere in pratica quanto imparato. Fortuna che c’erano delle lasagne alla bolognese, pizzette e polpettine, a consolarmi.
Magnifico potere consolatorio del cibo!
Meglio cambiar subito argomento se no mi perdo a decantare le mille virtù salvifico-gastronomiche di quella sacra celebrazione comunemente definita “mangiare”.
E’ una vera religione (che conta tra l’altro notevoli adepti, stando a quanto Mino e Carlo mi hanno narrato delle loro sfide acrobatico-mangerecce alle prese con un intero capretto!!!!)
Vabbé, torniamo nei ranghi… più o meno…
Infatti, ho ancora qualche secondo a disposizione prima dell’inizio, momento in cui mi casca l’occhio su un coetaneo niente male… tale… Cipollaro.
Ehm… succede.
Ecco che le selezioni stanno per iniziare:
“Mi spiace Cip, ma da questo momento in avanti tutta la mia attenzione l’avrà quell’uomo là in mezzo, con in mano due bandierine, una rossa e l’altra bianca.”

domenica 4 novembre 2007

Epopea GdiG - 3

Ed eccomi qui! Finalmente in questa città straniera chiamata Berghem de Hota!!!
Non ci posso credere!!! Ce l’ho fatta!!!
E ora? Tutta emozionata studio la cartina di Google per arrivare a destinazione, compro un biglietto dell’autobus, attraverso la piazza di fronte alla stazione ed arrivo ad una fermata. Salgo sul primo autobus che capita, chiedo informazioni al conducente, scendo poco dopo per aspettare quello da lui indicato.
“Ci sono! Ci sono quasi!”
Il nuovo conducente non sa dove sia via Carpinoni (“Andiamo bene!” - penso) ma poi si illumina e mi depone gentilmente in una trasversale.
Scendo.
Arrivataaa!!!
Imbocco la fatidica via, chiedo a un passante le indicazioni per il Centro Sportivo, mi guarda con aria interrogativa.
Poi esitante mi chiede: ”Quello del centro parrocchiale?”
“Oddio - penso – e che ne so? Io ho letto così sul sito della Cik, ma francamente non credo che abbiano designato un centro parrocchiale per le selezioni della nazionale…”
Lo ringrazio e passo oltre.
Finalmente un bar aperto!
Non avevo fatto in tempo a far colazione (il che per me è un anatema!) e contavo di farla all’arrivo, ma durante tutta la mia oretta di permanenza in quella straniera città non avevo visto un solo bar aperto (effettivamente non avevo considerato che fosse domenica) perciò, appena individuato il luogo che mi avrebbe sfamato, mi ci sono fiondata dentro, alla massima velocità che il mio equipaggiamento ortopedico poteva consentire.
Mentre entravo, un terribile dubbio si era impossessato di me: “Avrò guardato il sito della Cik un mese fa! E se per caso nel frattempo hanno spostato la manifestazione altrove e non ho letto il comunicato?”, ma, varcata la soglia del bar, due occhi che mi guardavano mi fecero capire immediatamente che ERO NEL POSTO GIUSTO!!!
Io non sono per nulla fisionomista; ricordo date ed eventi con facilità, ma i volti delle persone… per niente! Mia sorella invece è incredibile in tal senso. Non sbaglia un colpo. E’ una specie di face-detector ed è persino in grado di ricostruire tutti i mutamenti somatici di una persona che ha visto anche solo una volta vent’anni prima. E’ sbalorditiva! Io invece sono un disastro.
Eppure gli occhi e il volto di Pascal Livolsi, che ho visto solo una volta 9 mesi fa in gennaio, non si possono dimenticare facilmente.
“Allora il kendo è qui!!!” e, gioiosa ma un po’ intimidita, mi avvicino al banco per la mia tanto sospirata colazione.
Sento il caldo dolce del cappuccio che va giù, mi sento serena, risate e voci di un intero gruppo di kendoka tutt’intorno, mi sento serena, voglio appartenere a questo mondo.
Mentre assaporavo tutto questo, sento alle mie spalle: “E’ pronto il tuo caffè, Laura!”
“Laura?!?”
Mi volto di scatto e… mi ritrovo Laura Imperiale proprio di fronte!
La ragazza che ho conosciuto tramite questo blog! Tutte le volte che ho pensato a quando ci saremmo incontrate! E ora… senza averci pensato… QUI.
Una cosa che adoro di internet è questa stupenda possibilità di creare contatti, di conoscersi. Voglio dire… ogni tanto guardo il riquadro di ClustrMaps giù in basso a destra: qualcuno è capitato per caso su questo blog da un posto vicino al Mar Nero. La cosa mi fa ridere, ma è meravigliosa. Quando mai questo sarebbe stato possibile, senza internet? Allo stesso modo, tramite la navigazione, sono venuta a sapere che esisteva il kendo a Verona, e sono andata a curiosare… e… guarda te che casino (bello) che è venuto fuori! Ho conosciuto Christian Filippi!!! E i miei compagni del CUS Verona! E … il kendo! E ho cominciato a scrivere questo blog! E… su questo blog, ho conosciuto Laura.
Una cosa che detesto di internet è la facilità con cui si esprimono emozioni e sentimenti, che nella vita reale, almeno nel mio caso, faccio fatica a distillare dal mio intimo, così, con Laura di fronte, dopo mesi in cui pensavo a quando ci saremmo incontrate per sostanziare nella realtà un’amicizia “virtuale”, sono rimasta lì come un pesce lesso a balbettare qualcosa che sapeva del “più e del meno”.
Spero di avere un’altra chance! La prossima volta andrà meglio.
C’era un’altra persona da individuare, ah ah! Quel mitico Carlo Sappino che, anche in questo caso, avevo conosciuto nel suo blog, e che si era rivelato fondamentale per la decisione di fare il corso per GdiG (corso che già mi aveva proposto in gennaio Mino Filippi e che ho scelto di fare dopo aver letto il bellissimo racconto di Carlo “Quando incontrai la regina”).
E così, uscii dal bar e mi diressi al Centro Sportivo.

sabato 27 ottobre 2007

Ama (Cus Verona) vs Kendoka Kollera (dojo: da qualche parte dentro ama)

Eccomi! Nell’attesa di ricevere a casa il tempura da asporto da poco ordinato, proseguo con una serie di considerazioni sull’episodio che ho narrato nel post precedente (eh, sì, yama-san, per l’Epopea GdiG – 3 devi aspettare ancora un pochino… ma devo scrivere ciò che segue, altrimenti il racconto non sarebbe onesto).
Un mio carissimo amico, Fabio, mi ha insegnato che quando una comunicazione tra persone non risulta efficace (leggasi “litigio”), non serve a nulla puntare il dito contro gli altri: è molto più proficuo puntarlo su di sé, perché solo così si può capire in che modo abbiamo contribuito a far sì che il diverbio avesse luogo, dunque cambiare e fare in modo che questo non avvenga più in futuro.
(ops! Hanno suonato! Deve essere arrivato il mio tempura! Così presto? Forse sono io che ci impiego tanto a scrivere… con una mano sola!)

(…)

Rieccomi! … mica tanto buono… (forse è troppo pretendere un buon tempura da dei… cinesi!)
Puntare il dito contro il ferroviere, invece, è stato proprio quello che ho fatto.
Già quando ho chiuso il post con la parola “idioti”, ho sentito qualcosa di storto; non do dell’idiota e dell’imbecille quasi mai a nessuno.
Vero è, che ho un temperamento collerico, antipatica eredità di mio padre.
Sono migliorata molto, ma ultimamente mi sto accorgendo, grazie anche a questo episodio, che ho ancora parecchia strada da fare.
Ho riserve di rabbia accumulate per almeno un quarto di secolo, e lo smaltimento non è ancora compiuto. Spero tanto con questo di non inficiare la pratica del kendo, se e quando riprenderò.
Ho un carattere duro. Sono stata in qualche modo allevata come un piccolo samurai, o forse sarebbe meglio dire … come un piccolo balilla, dato il credo, oserei dire, “religioso” di mio padre: emozioni costrette e dimenticate dentro se stessi, da reprimere, disprezzo delle amenità di carattere femminile, esaltazione del superuomo che non deve chiedere mai… ah ah ah! Così, se, bimbetta di 5 anni, dovevo andare dal dentista, con i pugni stretti e la faccia imbronciata alla Toshiro Mifune, continuavo a ripetere: “Io non piango, io non piango eh? Non mi fa male”, negando l’evidenza di due copiose fontanelle laterali che innaffiavano le guance.
Perché vi dico ciò? Forse nel tentativo di discolparmi un po’? Una premessa era doverosa, perché non soddisfatta di quanto successo in suolo cremonese, ho sentito il mio amico Fabio. Convenendo con me sull’atteggiamento del ferroviere (cosa che un po’ mi ha sollevato), Fabio mi ha fatto poi una serie di domande, e non è andata altrettanto bene.
Mi ha fatto raccontare tutto di nuovo; e già lì mi sono accorta che prima che accadesse il misfatto già io ero nervosa di mio, perché ricordo che mi era caduta nuovamente la borsa e mi ero messa a “scancherare” in puro stile paterno.
Eppure avevo fatto dei progressi… mannaggia.
Inoltre, dopo aver scoperto che il treno era in partenza da un altro binario, è vero che ho avuto un’espressione tipo “oh, no, e adesso come faccio?”, ma poi gli ho chiesto veramente come potevo arrivare a quel binario.
E riflettendoci su, ho scoperto una cosa strana su di me, che mi ha illuminato circa altri episodi.
E’ da anni che so che i binari si raggiungono con i sottopassaggi.
Eppure, al momento della scoperta del treno altrove, ho fatto il seguente ragionamento istantaneo:
1- Il treno è su un binario anomalo (binario 1 anziché 3 tronco est)
2- Il treno è in una posizione anomala (spostato in avanti e non centrale davanti alla stazione)
3- ERGO esiste un modo anomalo di raggiungerlo.

Risultato: “Come faccio a raggiungerlo?”
E il ferroviere, alla fine, non ha tutti i torti nel fare dell’ironia.
Adesso mi è tutto chiaro: ecco perché talvolta mi guardano come fossi idiota.
Non è la prima volta che, presa alla sprovvista, ragiono per sillogismi… illogici.
Questa cosa su di me non mi era chiara prima di aver ragionato sull’accaduto. E’ una cosa che certamente ha a che fare con la mia separazione percettiva dalla realtà, con la quale ho vissuto per molto tempo la mia vita, buttandola via.
Ma questa è un’altra storia.
Assegno perciò un ippon a me, nell’essermi comunque difesa dall’atteggiamento sfottò (e francamente esagerato) del ferroviere, e uno al kendoka avversario, chiamiamolo Kollera, che col suo men ben piazzato mi ha portato un bell’insegnamento:
- avere più informazioni su di me e su dei miei meccanismi mentali
- capire l’importanza di impegnarmi ancora di più nel riscoprire emozioni e dolcezza, di cui il mio modo di comportarmi e vivere è ancora carente (non penso che in questo il kendo possa aiutarmi)
- porre più attenzione alla comunicazione con le persone (e se mi va il sangue alla testa, riportarlo verso i piedi).

Un saluto a tutti,
vi voglio bene.

martedì 23 ottobre 2007

Epopea GdiG - 2

Intorno alle 7:00 arrivo a Cremona.
C’è ancora buio.
Scendo faticosamente dal treno e nel mentre… mi cade la borsa che riversa parte del contenuto… SOTTO il treno!
NOOO!!! Senza pensarci cado in ginocchio e allungo la mano SOTTO il treno.
Non molto dopo, il treno parte.
A pensare a quel che ho fatto mi viene un brividino.
Con disappunto penso che in una giornata così bella non mi doveva capitare un episodio così!
E non sarebbe stato l’ultimo: a quanto pare, questo corso per giudici di gara del kendo, dovevo proprio sudarmelo.
Sapevo, come da prospetto, che il treno per Bergamo sarebbe partito dal binario 3 tronco est e diligentemente affronto sottopassaggio e scale.
Aspetto, aspetto e ancora nulla. Non c’è nemmeno la scritta "Bergamo", né l'orario, nel cartello automatico sopra al binario.
Mi guardo intorno per chiedere spiegazioni e vedo scendere da un treno un controllore, che probabilmente doveva essersi svegliato presto, con le balle girate.
Gli chiedo info e lui mi indica in malo modo il treno in partenza dal binario 1 (quello al quale ero scesa in arrivo), un po’ spostato in avanti.
Mancava poco alla partenza, ho valutato in fretta la mia situazione locomotoria e mi sono lasciata scappare un “Oh, no! E adesso come faccio?!”, ovviamente mi riferivo alla scocciatura; lui invece ha inteso la domanda come un “come faccio ad andare là?”, e, in tono sarcastico mi dice “Come fa? Allo stesso modo di come ha fatto a venire qua!?!?"
Se lui aveva le balle girate, mettiamo, verso sinistra, io gli ho dato uno scossone figurato per torcergliele verso destra, gridandogli un “Non faccia dell’ironia!”, mentre già mi dirigevo verso il sottopasso; non l’avessi mai detto! Ha cominciato a urlare, nel vuoto della stazione: ”Come ha detto?! Ripeta quello che ha detto!!!”
Ed io, urlando perché capisse meglio: “NON FACCIA DELL’IRONIA!!!”
Ha cominciato ad inveire contro di me, dicendo che è ingiusto che tutti ce l’abbiano contro il servizio di Trenitalia, e poi: “Io la denuncio!!! Mi dia i documenti!!!” Tutto questo sapeva di surreale, specie quando mi sono accorta di essermi fermata perché stavo per dargli i documenti!!! “Ma che diamine sto facendo?!? I documenti a questo qui?!? E perché?! Io devo prendere il treno!!!”
Continuando ad avanzare di gran carriera verso il treno, mi sentivo come una majorette offesa, con una stampella al posto della bacchetta, che metteva ancora più foga nello scandire la marcia a causa della doppia scocciatura: davanti a me, un treno fondamentale in partenza, e dietro di me un imbecille frustrato che aveva preso a inseguirmi inveendo contro di me.
Ma io questi tizi li conosco.
Sono frustrati, e appena possono tentano una rivalsa con chi credono sotto di loro.
Di certo, una mezza donna impedita nei movimenti, senza nessuno al seguito, in una stazione con nessuno attorno, non poteva arrecargli alcun danno, e in questi casi, questi tizi fanno il vocione grosso.
Guarda caso, nel salire gli ultimi scalini che mi avrebbero portato al binario 1, incrocio un signore distinto e di colpo, chissà perché il tizio frustrato abbassa la voce e smette si seguirmi, tornando indietro e borbottando in tono minore che non è giusto lamentarsi del servizio di Trenitalia etc. etc.
Se per caso passate alla stazione di Cremona, e vedete un controllore o funzionario alto, magro, moro e coi baffetti scuri, be’, portategli i miei saluti.
Dopo avergli lanciato il quinto “VILLANO!”, mi lascio tutto alle spalle e raggiungo il treno: ho ben altro a cui pensare che perdere tempo con gli idioti.

Epopea GdiG - 1

Finalmente il giorno è arrivato!!!
Fino a venerdì sera credevo di non poter andare perché temevo di dover dare reperibilità in certe fasce orarie, poi su internet ho letto che questo non è richiesto per l’infortunio sul lavoro.
Ergo… sarei andata a Bergamo!!!
Evviva!!!
Altra breve ricerca su internet per scoprire che l’unico treno che mi avrebbe fatto arrivare in tempo partiva alle 6:12 di domenica mattina. Coincidenza a Cremona, e arrivo previsto a destinazione per le 8:30. Buono, un’ora e mezza di tempo per guardarmi un po’ attorno e trovare il modo di arrivare al Centro Sportivo. A tal fine mi sono pure stampata la Google map con le indicazioni dalla piazza della Stazione a Via dei Carpinoni, la mèta.
Tutto pronto!
Ah, … mancava un piccolo particolare: e per arrivare da casa mia alla stazione di partenza? Verdetto di internet: a quell’ora, nella mia città, non circola nessun autobus.

No, non volevo proprio scomodare nessuno per accompagnarmi alla Stazione, a quell’ora della domenica mattina: mia mamma non ha la patente, mio papà… ehm… non ha la macchina, mia sorella lavora fino a tardi sabato sera… e ai miei amici… risparmio la levataccia.
Una rapida valutazione della situazione mi fa decidere di alzarmi alle … 4:30 (che disgrazia…), prepararmi in mezz’ora (che record…) partire alle 5:10 da casa prevedendo tre quarti d’ora per raggiungere la stazione con il solo mezzo a disposizione: i miei piedi, anzi… il mio piede!!!
E così, armata di determinazione, trascino la mia gamba de legn con la sola stampella disponibile, lungo tutto il diametro della città verso il treno (fortunatamente la mia è una città piccolina, sfortunatamente abito dalla parte opposta rispetto alla stazione).
Di bello la mia città ha il fatto di essere sicura; anche una ragazza da sola, su una gamba sola, può permettersi di girare al buio delle 5 di mattina senza timore alcuno, perché al mattino, ma anche per tutta la notte, la città è deserta.
Sarà che in queste sere mi sto facendo una cura di Dvd coi film di Sergio Leone, ma mentre mi trascinavo in quel nulla desertico, sentendo riecheggiare i miei passi… ehm.. il mio passo, mi sembrava di essere il reduce di un duello armato che si trascinava con le sue ferite sorrette da una stampella verso uno sgangherato treno a vapore, e potevo aspettarmi di veder rotolare per le strade dei cespugli secchi spinti dal vento.
Sapete? Per tutto il tragitto non sapevo se ce l’avrei fatta ad arrivare, perché mi conosco: di solito, se il treno parte alle 6:12, io arrivo là alle 6:11:30”. Generalmente dunque ci riesco lo stesso, ma questa volta l’opzione “corsa” non era contemplata nel programma.
Perciò, quando ho visto la stazione davanti a me, ho sentito nelle orecchie la tipica musichetta de “Il buono, il brutto, il cattivo”: sono rimasta di stucco nel vedermi approdare in stazione con ben 15 minuti d’anticipo! Mai vista una cosa del genere!!!

Niente ansia per arrivare allo sportello trafelata e biascicare in fretta le indicazioni per l’emissione del biglietto! Niente lotte per beccare il treno in corsa stile Far West!!!
Evviva! Questa si preannunciava proprio come una bella giornata!!!
(...segue...)

giovedì 18 ottobre 2007

Ama (Kendo Cus Verona) vs Mr. X (Dojo: unknown) 0-4 (ebbene sì, 4!!! Men-Men-Men-Koté)

No, adesso, ditemi voi…
Di solito presto molta attenzione ai messaggi che mi manda la vita, sulle direzioni da prendere o meno.
A questo punto devo capitolare… e comincio a dubitare che forse il kendo non lo praticherò mai.
L’ho conosciuto la sera del 22 dicembre 2006, a Verona, una folgorazione come quegli innamoramenti sbagliati per persone che non ci ricambieranno mai, e che mai se ne andranno dal cuore.
Dopo 5 lezioni e un seminario, mi è successa una cosa per cui ho dovuto abbandonarlo, il 18 gennaio 2007.
Un fuggevole saluto l’ho dato al kendo il 28 gennaio al Trofeo dei Laghi.
Non mi sono mai rassegnata: dopo diversi mesi di frequentazione di forum e siti inerenti il kendo, non potendone più, ho chiesto al mio istruttore di fare una lezione sui rudimenti di questa disciplina, per una pratica ridottissima e limitata, sì, ma quotidiana, in modo che quando avrei ripreso non sarei arrivata al dojo completamente a digiuno.
Al ritorno, perdo armi di kendo, custodia e già che c’ero, anche le armi di aikido, perché no?
Non mi sono rassegnata. Riacquisto le armi tramite il mio istruttore espressamente dal Giappone con amore.
Bene, sono di nuovo pronta: baldanzosa e brillante affermo e comunico a tutti che nonostante le difficoltà IO SICURAMENTE inizierò a praticare kendo con la nuova stagione, a settembre.
Questo simpatico kendoka avversario che per il momento non ha ancora nome, (e non credo che si chiami Sfiga, avrà anzi un suo messaggio ben preciso da recapitarmi e che devo comprendere) mi ha lasciato giusto il tempo di dirlo a tutti, dopodichè: incidente, tutti incolumi, ma sfascio e rottamazione di quella discreta vettura giallo canarino che fungeva da anello di congiunzione tra me e i 45 km che mi separavano dal dojo. Senza contare che la vettura non era neppure mia, ma di mio padre (l’ultima persona al mondo con cui vorrei avere un debito). Sarà che ero un po’ cotta dopo 18 ore di lavoro? Che perspicacia! A volte mi sorprendo di me stessa!
La cosa mi fa riflettere sulla necessità di mettere a posto tutta la mia esistenza incasinata, in un baleno elimino tutto ciò che mi distoglie dall’urgenza di sistemarmi.
E il kendo continua a popolare i miei pensieri… E il kendo continua a popolare i miei pensieri…
Finché partorisco la brillante idea di fare il corso di GdiG, per seguire il kendo almeno “da fuori”, come comunicato a tutto il web nel post precedente.
A tre giorni dal giorno del corso: frattura del dito anulare sx e distorsione della caviglia: giro con cavigliera, un tutore e… una stampella (perché l’altra mano ovviamente è ingessata).
Ora, credete che mi rassegni? A Berghem ci vado saltellando, piuttosto! Ma ci vado lo stesso!
Certo è, che ora comincio a guardarmi attorno con una certa circospezione …

lunedì 4 giugno 2007

Kendo comics

Virtual kendo sono anche i duelli tra me e alcuni utenti di un forum di arti marziali che frequento.
Per capire le premesse del fumetto che segue, per chi non frequentasse tale forum, è consigliabile prima leggere questo topic : www.forumartimarziali.com/forum/index.php?topic=17489.0 e il primo post che si può leggere nel link a fianco "L'origine di questo blog".

Cliccare sulle immagini per ingrandirle se non risultassero leggibili.

Disegni di ama, Maurizio Di Vincenzo, Igor Novelli.





sabato 2 giugno 2007

Kendo family


Sono tornata da poco da Povegliano Veronese, una ventina di kilometri da casa mia, dove sono andata a sentire la banda di paese suonare per la festa della Repubblica.
Questo perché durante l’ultimo allenamento di kendo ho saputo che Pier (quello che ho precedentemente chiamato “il mio orsacchiotto” : ) ) suona, in questa manifestazione, il clarinetto.
Sono stata felice di andare a conoscerlo anche nella sua quotidianità “senza armatura”, partecipare a un evento per lui importante e condividere con lui altri aspetti della sua vita.
Parlo di questo perché, come spiegherò di seguito, questo fatto ha per me una valenza importantissima, con dei risvolti profondi e profonde riflessioni che possono cambiare le mie relazioni con le persone.
Per Pier, che ho visto al massimo 4-5 volte (so poco e niente di lui, del resto come di tutti i miei compagni di dojo), provo un affetto tenero e simpatico; non so come mai: forse per il suo aspetto morbido, o gli occhioni che nascondono sempre un sorriso, o perché ho apprezzato molto, in un allenamento che risale a gennaio, come mi abbia aiutato nella pratica, con un grande sorriso dietro la grata del men, oppure per la sua calorosa accoglienza quando sono tornata ad allenarmi dopo mesi di assenza. Fatto sta che oggi l’ho proprio sentito come un caro fratellino minore, a cui essere molto legata.
Per le vicende che ho avuto in famiglia, io non ho mai avuto proprio alcun senso dei rapporti famigliari. E così sarebbe ancor oggi, se non avessi incontrato il mio grandissimo amico Fabio, che mi ha fatto da nonno, da papà e anche da… mamma!!! Ah! Ah! Nel senso che mi ha fatto capire il significato dei rapporti famigliari, mi ha colmato un vuoto affettivo e concettuale sulle relazioni all’interno della famiglia.
Come dice Fabio, non è che per il fatto che sono nata da due persone, allora questo insieme di individui è da considerarsi una famiglia. Lo è solo biologicamente. Ma perché una famiglia si possa chiamare tale, bisogna poi che lo sia REALMENTE, attraverso rapporti di amore, rispetto e comunicazione. Questa è una lunga storia, questi sono i miei Campionati Mondiali di Virtual Kendo, di cui parlerò in modo specifico più avanti (essendo un argomento tosto, mi ci vuole il giusto contesto di tempo e tranquillità).
Qui accennerò brevemente al fatto che, quando ho vissuto per qualche tempo nella famiglia di Fabio, ho visto rapporti e relazioni completamente diversi da quelli ai quali ero stata abituata nella mia: nessuno che urlava, nessuno che sbatteva porte, ma soprattutto ho visto un padre, Fabio appunto, estremamente presente nella vita dei suoi figli. Non nel senso di invadente, anzi! L’ho sempre visto molto rispettoso dei loro spazi. Vedevo un papà che non sarebbe mancato per nulla al mondo agli eventi importanti dei propri figli, che faceva i salti mortali per essere presente, per esempio, alle partite di calcio in cui i suoi figli erano arbitri (pur non vedendo di buon occhio gli arbitri, si era appassionato perché, diceva, “se una cosa per mio figlio è importante, lo è per me prima di tutto”. Molti forse potrebbero dire così, a parole. Sono i fatti poi che contano. I fatti di una continua presenza e partecipazione ed interesse).
Così facendo, Fabio, ha abituato i figli stessi a partecipare alle cose importanti dei propri fratelli, poi degli amici e dei compagni.
Per me questa era una cosa del tutto nuova. Fabio mi ha fatto capire quanto sia importante CONDIVIDERE, PARTECIPARE, ESSERE PRESENTE per le persone.
E’ una cosa che Fabio mi dice da anni e che mi esorta a mettere in pratica da parecchio tempo, eppure soltanto da poco me ne sto rendendo conto e comincio a capirlo.

Il mio durissimo cuore, compresso da sofferenze, paure, diffidenza e razionalità, finalmente sta cominciando a sciogliersi!!!
Che fatica! Che pazienza caro Fabio! Che tenacia! Che perseveranza! Quelle che hai tu nell’aiutare gli altri ad ogni costo, al duro prezzo di incomprensioni, calunnie, antipatie! Incomprensioni e mancanze di rispetto anche da parte mia! Quando avevo paura di affrontare certe mie paure e schemi di comportamento!
Incomprensione a te che mi hai salvato la vita!!! Diffidenza a te, che, comunque facendo rispettare i tuoi spazi, non mi hai mai abbandonato!!!

Perciò … come avrei potuto mancare alla sfilata della banda del mio fratellino? Sono stata felice di essere là, nonostante il rischio che saltasse tutto a causa della pioggia; io sono andata là comunque; volevo ESSERCI.
Sono stata molto contenta di vivere anch’io attimi della vita di Pier, una vita, la sua, che scorre distante da me quando io lavoro e vivo la mia quotidianità, ma che in quel momento si è congiunta alla mia. Così penso alle miriadi di vite che scorrono con i propri interessi, problemi, lavori, gioie e dolori, vite che scorrono parallele e solitarie fino a quando non decidono di congiungersi in attimi di reciproca partecipazione.
E così guardavo Pier suonare sereno, anche se la manifestazione è avvenuta in forma ridotta a causa del maltempo.
Poi, un caloroso rinfresco presso gli Alpini. Io ho notato gli sguardi incuriositi e simpaticamente maliziosi di alcuni di loro, di alcuni componenti o di persone del paese vicine alla banda, nel guardare questa ragazza che era venuta da Mantova per vedere Pier sotto la pioggia… ah! ah! Chissà adesso quante battute si beccherà il nostro Pierluigi!
Beh, posso capire. Ma loro non sanno che “è” mio fratello.
E questa sensazione oggi mi ha aperto gli occhi sulle mie relazioni.
Io ho realmente un fratello, di 40 anni, ma per ciò a cui ho accennato prima, per me è veramente come fosse un estraneo. So poco o niente di lui. Abbiamo vissuto nella stessa casa, da quando sono nata, per 27 anni, ma non abbiamo mai parlato. Non c’è mai stato alcun rapporto. E fino a che non ho conosciuto realtà diverse, per me era normale così. Quando si è dentro a un contesto famigliare, riesce difficile avere una visione oggettiva dello stesso.
Ora, grazie a quello che provo per Pier, ho un riferimento concreto su ciò che si prova per un fratello: dunque ora posso comportarmi così anche col mio fratello vero!
Con Pier mi viene voglia di abbracciarlo, di partecipare alla sua vita, di parlargli.
Con mio fratello non mi viene spontaneo tutto ciò. Ma grazie all’esperienza con Pier, prendendola come riferimento, sento che posso ora migliorare questa relazione con mio fratello.
Pensate un po’: grazie a Fabio, il mio cuore si sta sciogliendo e comincio a provare sentimenti, come quelli per Pier. Grazie a quello che provo per Pier migliorerò il mio rapporto con mio fratello Paolo.
Io credo davvero che siamo tutti legati, come esseri umani; tutti possiamo essere d’aiuto, senza neanche magari sapere come, in che modo o quali conseguenze possa avere per altri un nostro gesto.
Siamo tutti uniti. Nel momento in cui c’è separazione, non c’è più vita. Sapete che l’etimologia di “diavolo”, cioè “diabolus”, significa “separatore”?
Ora comincio a capire quello che ho sempre sentito dire dal mio grandissimo amico Fabio a qualunque persona avesse incontrato: “Per il solo fatto che mi hai conosciuto, non sarai mai più solo nella vita!”.
Pier, Laura, e tutte le persone che ho conosciuto: “Per il solo fatto che mi avete incontrato, non sarete mai più soli nella vita”!!!



Foto tratta dal sito www.kendocusverona.com

lunedì 21 maggio 2007

(Ritorno...Kendoka per un giorno!)

NON STO NELLA PELLE! DOMANI FARO' LA MIA 6^ LEZIONE DI KENDO!
A DISTANZA DI QUATTRO MESI (ANNI), TORNERO' DAI MIEI COMPAGNI!
A presto per raccontarvi tutto!!!

*************************

Eccomi qui: oggi 23/05/07 integro il post con il racconto.
Avevo chiesto a Christian una lezione per apprendere le basi su cui concentrarmi quotidianamente, in modo che quando tornerò da loro, non avrò fatto passare del tempo sterile e non dovrò ripartire da zero.
Ma il mio non sarà un racconto, bensì una lettera aperta e immaginaria ai miei compagni, emozioni vive che mi battono dentro.
Questo per me è il kendo, questo sono i miei compagni.
MAX, mi hai sempre fatto sentire la tua vicinanza, sia nel periodo in cui praticavo, sia in questi mesi di allontanamento. Mi hai fatto sentire sempre presente con i tuoi sms in cui mi chiedevi di ritornare, comunicandomi il tuo desiderio di mantenere i contatti. Ne avevo così bisogno! Sentirmi ancora dei vostri! Conserverò sempre due tuoi messaggi: “CIAO QUANDO TORNI?” e l’altro, in risposta al mio ringraziamento per questo tuo attaccamento: “CON QUELLO CHE TU HAI DATO A NOI NON PUO’ ESSERE DIVERSO”. Ricordo che mi sono venuti i brividi. E ho giurato a me stessa che sarei ritornata al kendo, da voi.
PIER, caro! Sei il mio orsacchiotto!!! (questo post è una mia espressione di simpatia, forse certe cose, come questa affermazione, possono non essere di gradimento, ma è affetto allo stato puro.) E’ questa infatti la sensazione che mi hai dato ieri sera! Ho apprezzato tantissimo quando mi sei venuto a salutare, tutto sorridente ed evidentemente contento di vedermi. Quando ti vedo mi viene voglia di abbracciarti e stritolarti con affetto! Ti sento vicino e ti ringrazio tanto di questo.
IGOR: sei un tipetto un po’ strano, se non ci fossi, comunque, mancherebbe un vero personaggio nel dojo.
Spesso non riesco a capirti. A volte trovo difficoltà nel relazionarmi con te. Sono stata contenta dell’aiuto e dei consigli che sei venuto a darmi ieri sera, sempre disponibile. Eppure c’è sempre una qualche distanza tra te e me. Chissà? Però ricordo tanto volentieri quando mi hai abbracciato, rivelando in te un tenerone, il giorno che ho smesso di praticare! (Ora speriamo che non arrivi mai a leggere): mi prenderò la licenza, prossimamente su questo blog, di prenderti un po’ in giro affettuosamente, da sorella birichina…
CLAUDIO: Non so se è perché sei un casinista come me, ma nella borsa avevi, tra tutte le altre innumerevoli cose, ancora la mia lettera di commiato scritta a gennaio (siamo a fine maggio!). In ogni caso mi ha fatto molto piacere. Non parliamo molto, ma sento che c’è stima. E ti voglio bene.
MICHELE: Ieri sera è stata forse la prima volta che abbiamo parlato un po’. Sento la tua simpatia nei miei confronti, che è reciproca!
DANIEL: Serenità…
CHRISTIAN: Ho un’enorme stima della tua capacità di coinvolgere le persone, farle sentire importanti e motivarle così a dare il massimo.
Sei un eccezionale atleta e un istruttore favoloso. Metti il cuore e tutto te stesso nell’insegnamento, la stessa passione che ti ha premiato in combattimento con il Fighting Spirit Europeo.
Questo sentimento ti ha portato a creare un gruppo unico e speciale, coeso e votato alla Via della spada. Tutto questo mi è rimasto impresso fin dal primo giorno che ho varcato la soglia del Cus Verona, 5 mesi fa.
Avere un istruttore come te è una vera ricchezza, ed è insensato non attingere ad un tesoro così raro; voglio imparare tutto ciò che puoi insegnarmi, dovessi impiegarci un’intera vita.
Infine,LAURA. Cara, carissima Laura! Anche se questa è una lettera aperta ai miei compagni di Dojo, desidero dedicarti delle emozioni perché io ti sento una cara compagna di squadra! Grazie infinite per il tuo sostegno e le tue bellissime parole, scritte col cuore. Ti sento tanto vicina, una cosa per me fondamentale, e anch’io mi sento tale nei tuoi confronti.
Ti ammiro molto per l’impegno e la dedizione che metti nella pratica, e anche nella vita, traendo spunto dagli insegnamenti del kendo. Sei una persona di cuore, e tengo molto alla nostra amicizia… Kokoro Laura!!!

Per tutti voi, che mi avete fatto conoscere il kendo tramite tutte queste emozioni, darò il massimo per tornare!!!

venerdì 18 maggio 2007

(Piccola parentesi Real Kendo-3)





DOVEROSO OMAGGIO ALLE MITICHE!

E AI MITICI MIEI COMPAGNI!

21^ Edizione Campionati Europei Lisbona
Foto tratte dal blog delle Donne del Kendo e dal sito www.kendocusverona.com

giovedì 15 marzo 2007

(Piccola parentesi Real Kendo-2)



Ecco un piccolo omaggio alla conoscenza telematica che si è venuta a creare, con questo blog, tra me e Laura!
Nello sfogliare le pagine del sito www.shubukan.it, stavolta la sorpresa è toccata a me!
Guardando le foto dell'ultimo Trofeo dei Laghi, ho visto che ... ci sono anch'io!!! E se la kendoka ritratta sei tu, Laura, è proprio singolare e divertente, ritrovarci riunite in questo modo! :-)


Io sono la ragazza sullo sfondo con la maglietta rossa e la minigonna jeans.
Per gentile concessione del M° W.Pomero.

lunedì 12 marzo 2007

(Piccola parentesi Real Kendo)

CONGRATULAZIONI LAURA !!!
TERZA CLASSIFICATA AI CAMPIONATI ITALIANI !!!

CONGRATULAZIONI ANCHE AL MIO ISTRUTTORE CHRISTIAN FILIPPI CAMPIONE ITALIANO !!!


UN BACIO AI MIEI COMPAGNI DEL CUS VERONA CHE SI SONO COMUNQUE DISTINTI PER IMPEGNO E DETERMINAZIONE !!!

martedì 6 marzo 2007

L'allenamento


Ciao! Questa volta non parlerò di un incontro specifico, ma di un aspetto fondamentale della pratica del virtual kendo: l'allenamento. Con un compagno o da soli, l'allenamento è il mezzo per migliorare il nostro rendimento, ove fossimo carenti; una volta individuati i nostri punti vulnerabili, l'allenamento ci aiuta a renderli più forti.
L'allenamento è imprescindibile ed è talmente importante che, al di là delle predisposizioni naturali, variabili da individuo ad individuo, anzi direi più che altro, indipendentemente dai diversi tempi di apprendimento di ciascuno, è noto che: CHIUNQUE SI ALLENI, MIGLIORA. Punto. Quale che sia il livello, quale che sia l'elemento su cui concentrare le energie, la conseguenza dell'allenamento è sempre quella: chi si allena ottiene risultati, in riferimento al punto di partenza.
Bella scoperta, direte voi.
Eppure, questa riflessione non è poi così immediata se la si trasferisce nella vita quotidiana: quante volte, infatti, mi sono paralizzata di fronte a cose che ritenevo IMPOSSIBILI da affrontare? Quante volte, nei confronti di qualcosa che sentivo lontano dalle mie capacità, ho usato la facile scorciatoia della paura che recita:
"Chi? Io? No, non è per me! Non sono tagliata per queste cose!"
oppure
"Sono fatta così! E' il mio carattere, non posso farci nulla!"
o ancora
"Non è nella mia natura! Non mi ci vedo!"???

Ma se è vero che basta allenarsi e le cose migliorano... se io affrontassi una situazione per me apparentemente impossibile da gestire, con l'ottica semplicemente di una cosa su cui dovermi allenare, non diventerebbe tutto improvvisamente più... accessibile? O, usando quella meravigliosa parola magica... POSSIBILE?
C'è chi arriva prima, chi dopo, chi ha una velocità di acquisizione delle informazioni maggiore rispetto ad altri, ma, in ogni caso, se una persona si allena verso un determinato obbiettivo, di sicuro la sua vita, rispetto ad esso, non sarà più come era in partenza, quando stava ferma lì impalata a osservare un traguardo "irraggiungibile".
Con l'ottica dell'allenamento, i mostri della paura perdono gran parte del loro potere paralizzante.
Ricordo ancora lo stupore che ho provato nel leggere l'autobiografia di Gandhi: avete presente, no, Gandhi? Quell'uomo, guida di un popolo, che ha portato un'intera nazione (che è poi assimilabile a un continente) all'indipendenza?
Ebbene, quest'uomo, giovane studente di legge se non erro, era terrorizzato al solo pensiero di... dover parlare in pubblico!
Raccontava di come, una volta, in una piccola riunione, chiamato a dare il proprio parere, si alzò terrorizzato, tremante, rosso, in preda all'ansia, e di come poi, così paralizzato, dovette sedersi, tra i ghigni degli altri, senza essere riuscito a dire nulla.
Se si fosse fermato a quell'ostacolo che vedeva come una montagna insormontabile, e avesse cominciato a giustificare la propria paura con le solite comode frasi "Non ci riuscirò mai! Non è alla mia portata! Gli altri sono più predisposti... ecc. ecc." non sarebbe diventato affatto il grande uomo che invece è diventato, semplicemente prendendo atto delle proprie difficoltà e lavorando per migliorarle.
Come in un allenamento.

giovedì 1 marzo 2007

Bene! E' ora di impugnare la shinai!


A tal proposito preciso che, negli incontri che descriverò, io sarò contraddistinta dal colore bianco, mentre il mio avversario di turno, dal rosso.
Inizierò col narrarvi di un piccolo shiai avuto nei giorni scorsi, risoltosi con 1 bel men (bianco) a 2 (men, do - rosso).
Il valore educativo del kendo, del resto, si esprime anche nel saper accettare serenamente la sconfitta, farne tesoro per il futuro apprendendo da essa, trasformandola così, in un certo senso, in una vittoria a posteriori.
L'incontro si è svolto tra AMA (Kendo CUS Verona - eh, fatemela passare, io mi sento ancora dei loro) e... RIFIUTO DELL'AIUTO (dojo: il mondo intero).
Mi sono trovata diverse volte a misurarmi con un mio acerbo istinto da crocerossina, non intendendo con questo definire quell'atteggiamento di malcelato autocompiacimento proprio di alcune forme pietistiche di aiuto organizzato; quell'atteggiamento, per intenderci, che ha come motivazione sotterranea e reale non tanto il bene dell'altro, quanto il proprio bene, sotto forma di gratificazione per il fatto di "sentirsi buoni". Anche se non nego di aver scoperto, terrorizzata, di essere caduta anch'io, in più di un'occasione, in questo giochetto dell'ego, non è a questo che mi riferisco quando parlo del mio istinto da crocerossina, definendo invece così, in modo canzonatorio, il mio bisogno di aiutare chi sento che ha sofferto profondamente, in maniera analoga alla mia.
Dunque non si tratta di una situazione in cui uno dei due si trova su un piedistallo ad elargire magnanimamente dall'alto il suo "bene", quanto piuttosto una posizione di entrambe le persone sullo stesso piano di una comune sofferenza.
Dato che io, ad un certo punto, ho dovuto ammettere a me stessa di aver bisogno di aiuto, e, una volta ammesso, l'ho desiderato fortemente, mi viene spontaneo voler aiutare chi sento che ha sofferto come me, perché comprendo quel dolore, lo riconosco nell'altro perché l'ho vissuto (non potrei ri-conoscere, ciò che non... conosco, infatti non sento questa cosa con tutti indifferentemente).
Con alcune persone dunque, mi capita di sentire una pugnalata nello stomaco appena le vedo per la prima volta.
Non le conosco, non so chi sono, ma c'è quel qualcosa che percepisco nell'aria...
Ed è proprio con una di queste persone che, recentemente, mi sono misurata in uno shiai.
Il men a mio favore è proprio questa sincerità della mia intenzione. Il mio kendo virtuale da principiante può essere ancora goffo, immaturo, senza forma, ma la forza del colpo vincente che sono riuscita a tirare, per quanto in modo maldestro, si riassume tutta nella mia intenzione, che ho sentito sincera.
Ma subito, mi sono scontrata con una pesante reazione da parte di questa persona. Io avevo tirato un men pesante, volutamente (non entro nel particolare). La reazione è stata serrata, di totale chiusura e rifiuto, con notevole veemenza.
Io ho continuato a mirare al centro, a pressare, non ho capito che mi dovevo allontanare in quel momento e zack!, mi sono beccata un men ben piazzato: e cioè la consapevolezza che per aiutare gli altri bisogna essere veramente forti, non principianti come me, per giunta senza armatura! Bisogna essere forti, e bisogna essere usciti, maturi, dai propri problemi, mentre io, che pure sono cresciuta veramente molto da quando ho cominciato a lavorare su di me, comunque ancora riesco a mala pena a badare a me stessa! Come posso pensare, ora, di poter aiutare qualcuno, in modo veramente efficace?

Ma soprattutto, a farmi riflettere, è stato il do che mi sono cuccata subito dopo.
Do, perchè questa consapevolezza mi è entrata nelle viscere, e d'ora in poi è così che agirò: ho capito che non ha senso, né valore, voler aiutare qualcuno... che non ha chiesto di essere aiutato.
Intanto non avrà alcuna efficacia, perchè l'efficacia la determina soprattutto l'altra persona se ha desiderio di cambiare.
Inoltre, insistere è una grave mancanza di rispetto per quella persona, un'invadenza micidiale, perché quella persona non ha chiesto nulla. Altrettanto grave sarebbe negare un (tentativo di) aiuto a chi me lo chiedesse. A seconda della situazione, la stessa azione può essere terribile, o fondamentale.
Perciò, ho imparato che può essere importante gettare in ogni caso un sasso e vedere cosa succede. Se l'altro lo raccoglie, bene, può essere allora importante continuare per quella strada.
Ma se lo raccoglie per scagliartelo contro, perchè continuare?
Prendo atto, e continuo per la mia strada.

sabato 24 febbraio 2007

Prima di iniziare, una precisazione

E' da qualche giorno che mi risuonano in testa le ultime parole che ho scritto.
Il mio avversario... sarò io?!?

*******************************************************************

Queste parole risuonano e mentre lo fanno, stonano! Eccome se stonano! Come una pesante campana che avesse come battàglio... la mia testa!
Non è proprio il caso di... battagliare!

Come posso svegliarmi serenamente al mattino sapendo che... io sono il mio avversario?

*******************************************************************

Dirò allora, più propriamente, che io sono, voglio essere, mia amica, e che lavorerò con impegno contro tutti quegli schemi, limitazioni, convinzioni, abitudini, paure che risiedono da qualche parte dentro di me e che mi impediscono di vivere la mia vita alla grande; idem contro quegli ostacoli che mi si presenteranno quotidianamente. In realtà, dietro al bogu (armatura) dell'ostacolo, c'è un messaggero di evoluzione personale, venuto apposta per me, in un dato momento, affinché io possa accedere, se l'affronto, ad un livello superiore di pratica.
Se, come ho fatto spesso, scappo ed evito di affrontare questo messaggero, egli, anche se è venuto con un intento d'amore per me, (anzi, proprio per questo) non me ne risparmierà una! Continuerà a battermi con la sua shinai (spada di bambù), che per quanto possa essere la shinai virtuale di un kendoka virtuale, fa sempre parecchio male, dato che il problema al quale sfuggiamo non resta mai tale e quale :-)
Anzi, INGIGANTISCE!
Fino a quando non arrivassimo a reagire, capire e ...crescere.
Viceversa, SOCCOMBERE.

Non so se mi sono spiegata bene.
Certo è che vedermi amica, e vedere amico, seppur impietoso, anche il kendoka sfidante che mi ritrovo davanti, mi fa svegliare al mattino molto più di buon umore.
Un bacio.

sabato 17 febbraio 2007

Masakatsu Agatsu



Salve a tutti!
E' con piacere che comincio questo blog, per riuscire in qualche modo a sedare il mio bisogno di continuare a praticare kendo, nonostante sia un mese che abbia deciso, per motivi personali, di interrompere.
Il blog, idealmente, parte da quel momento, il 18/01/07, data della foto in apertura tratta dal sito www.kendocusverona.com (è incredibile: dentro di me la sensazione è come se fosse passato realmente un anno).
Nel titolo del blog e in quello di questo post iniziale sono riassunte le mie passioni: aikido e kendo.
Masakatsu agatsu, frase del Fondatore dell'aikido, significa "La vera vittoria, è la vittoria su se stessi".
Quelli che narrerò nel mio blog, sono incontri di kendo (l'altra mia passione) virtuale (perchè non pratico più e perchè il mio avversario... sarò io).