sabato 27 ottobre 2007

Ama (Cus Verona) vs Kendoka Kollera (dojo: da qualche parte dentro ama)

Eccomi! Nell’attesa di ricevere a casa il tempura da asporto da poco ordinato, proseguo con una serie di considerazioni sull’episodio che ho narrato nel post precedente (eh, sì, yama-san, per l’Epopea GdiG – 3 devi aspettare ancora un pochino… ma devo scrivere ciò che segue, altrimenti il racconto non sarebbe onesto).
Un mio carissimo amico, Fabio, mi ha insegnato che quando una comunicazione tra persone non risulta efficace (leggasi “litigio”), non serve a nulla puntare il dito contro gli altri: è molto più proficuo puntarlo su di sé, perché solo così si può capire in che modo abbiamo contribuito a far sì che il diverbio avesse luogo, dunque cambiare e fare in modo che questo non avvenga più in futuro.
(ops! Hanno suonato! Deve essere arrivato il mio tempura! Così presto? Forse sono io che ci impiego tanto a scrivere… con una mano sola!)

(…)

Rieccomi! … mica tanto buono… (forse è troppo pretendere un buon tempura da dei… cinesi!)
Puntare il dito contro il ferroviere, invece, è stato proprio quello che ho fatto.
Già quando ho chiuso il post con la parola “idioti”, ho sentito qualcosa di storto; non do dell’idiota e dell’imbecille quasi mai a nessuno.
Vero è, che ho un temperamento collerico, antipatica eredità di mio padre.
Sono migliorata molto, ma ultimamente mi sto accorgendo, grazie anche a questo episodio, che ho ancora parecchia strada da fare.
Ho riserve di rabbia accumulate per almeno un quarto di secolo, e lo smaltimento non è ancora compiuto. Spero tanto con questo di non inficiare la pratica del kendo, se e quando riprenderò.
Ho un carattere duro. Sono stata in qualche modo allevata come un piccolo samurai, o forse sarebbe meglio dire … come un piccolo balilla, dato il credo, oserei dire, “religioso” di mio padre: emozioni costrette e dimenticate dentro se stessi, da reprimere, disprezzo delle amenità di carattere femminile, esaltazione del superuomo che non deve chiedere mai… ah ah ah! Così, se, bimbetta di 5 anni, dovevo andare dal dentista, con i pugni stretti e la faccia imbronciata alla Toshiro Mifune, continuavo a ripetere: “Io non piango, io non piango eh? Non mi fa male”, negando l’evidenza di due copiose fontanelle laterali che innaffiavano le guance.
Perché vi dico ciò? Forse nel tentativo di discolparmi un po’? Una premessa era doverosa, perché non soddisfatta di quanto successo in suolo cremonese, ho sentito il mio amico Fabio. Convenendo con me sull’atteggiamento del ferroviere (cosa che un po’ mi ha sollevato), Fabio mi ha fatto poi una serie di domande, e non è andata altrettanto bene.
Mi ha fatto raccontare tutto di nuovo; e già lì mi sono accorta che prima che accadesse il misfatto già io ero nervosa di mio, perché ricordo che mi era caduta nuovamente la borsa e mi ero messa a “scancherare” in puro stile paterno.
Eppure avevo fatto dei progressi… mannaggia.
Inoltre, dopo aver scoperto che il treno era in partenza da un altro binario, è vero che ho avuto un’espressione tipo “oh, no, e adesso come faccio?”, ma poi gli ho chiesto veramente come potevo arrivare a quel binario.
E riflettendoci su, ho scoperto una cosa strana su di me, che mi ha illuminato circa altri episodi.
E’ da anni che so che i binari si raggiungono con i sottopassaggi.
Eppure, al momento della scoperta del treno altrove, ho fatto il seguente ragionamento istantaneo:
1- Il treno è su un binario anomalo (binario 1 anziché 3 tronco est)
2- Il treno è in una posizione anomala (spostato in avanti e non centrale davanti alla stazione)
3- ERGO esiste un modo anomalo di raggiungerlo.

Risultato: “Come faccio a raggiungerlo?”
E il ferroviere, alla fine, non ha tutti i torti nel fare dell’ironia.
Adesso mi è tutto chiaro: ecco perché talvolta mi guardano come fossi idiota.
Non è la prima volta che, presa alla sprovvista, ragiono per sillogismi… illogici.
Questa cosa su di me non mi era chiara prima di aver ragionato sull’accaduto. E’ una cosa che certamente ha a che fare con la mia separazione percettiva dalla realtà, con la quale ho vissuto per molto tempo la mia vita, buttandola via.
Ma questa è un’altra storia.
Assegno perciò un ippon a me, nell’essermi comunque difesa dall’atteggiamento sfottò (e francamente esagerato) del ferroviere, e uno al kendoka avversario, chiamiamolo Kollera, che col suo men ben piazzato mi ha portato un bell’insegnamento:
- avere più informazioni su di me e su dei miei meccanismi mentali
- capire l’importanza di impegnarmi ancora di più nel riscoprire emozioni e dolcezza, di cui il mio modo di comportarmi e vivere è ancora carente (non penso che in questo il kendo possa aiutarmi)
- porre più attenzione alla comunicazione con le persone (e se mi va il sangue alla testa, riportarlo verso i piedi).

Un saluto a tutti,
vi voglio bene.

martedì 23 ottobre 2007

Epopea GdiG - 2

Intorno alle 7:00 arrivo a Cremona.
C’è ancora buio.
Scendo faticosamente dal treno e nel mentre… mi cade la borsa che riversa parte del contenuto… SOTTO il treno!
NOOO!!! Senza pensarci cado in ginocchio e allungo la mano SOTTO il treno.
Non molto dopo, il treno parte.
A pensare a quel che ho fatto mi viene un brividino.
Con disappunto penso che in una giornata così bella non mi doveva capitare un episodio così!
E non sarebbe stato l’ultimo: a quanto pare, questo corso per giudici di gara del kendo, dovevo proprio sudarmelo.
Sapevo, come da prospetto, che il treno per Bergamo sarebbe partito dal binario 3 tronco est e diligentemente affronto sottopassaggio e scale.
Aspetto, aspetto e ancora nulla. Non c’è nemmeno la scritta "Bergamo", né l'orario, nel cartello automatico sopra al binario.
Mi guardo intorno per chiedere spiegazioni e vedo scendere da un treno un controllore, che probabilmente doveva essersi svegliato presto, con le balle girate.
Gli chiedo info e lui mi indica in malo modo il treno in partenza dal binario 1 (quello al quale ero scesa in arrivo), un po’ spostato in avanti.
Mancava poco alla partenza, ho valutato in fretta la mia situazione locomotoria e mi sono lasciata scappare un “Oh, no! E adesso come faccio?!”, ovviamente mi riferivo alla scocciatura; lui invece ha inteso la domanda come un “come faccio ad andare là?”, e, in tono sarcastico mi dice “Come fa? Allo stesso modo di come ha fatto a venire qua!?!?"
Se lui aveva le balle girate, mettiamo, verso sinistra, io gli ho dato uno scossone figurato per torcergliele verso destra, gridandogli un “Non faccia dell’ironia!”, mentre già mi dirigevo verso il sottopasso; non l’avessi mai detto! Ha cominciato a urlare, nel vuoto della stazione: ”Come ha detto?! Ripeta quello che ha detto!!!”
Ed io, urlando perché capisse meglio: “NON FACCIA DELL’IRONIA!!!”
Ha cominciato ad inveire contro di me, dicendo che è ingiusto che tutti ce l’abbiano contro il servizio di Trenitalia, e poi: “Io la denuncio!!! Mi dia i documenti!!!” Tutto questo sapeva di surreale, specie quando mi sono accorta di essermi fermata perché stavo per dargli i documenti!!! “Ma che diamine sto facendo?!? I documenti a questo qui?!? E perché?! Io devo prendere il treno!!!”
Continuando ad avanzare di gran carriera verso il treno, mi sentivo come una majorette offesa, con una stampella al posto della bacchetta, che metteva ancora più foga nello scandire la marcia a causa della doppia scocciatura: davanti a me, un treno fondamentale in partenza, e dietro di me un imbecille frustrato che aveva preso a inseguirmi inveendo contro di me.
Ma io questi tizi li conosco.
Sono frustrati, e appena possono tentano una rivalsa con chi credono sotto di loro.
Di certo, una mezza donna impedita nei movimenti, senza nessuno al seguito, in una stazione con nessuno attorno, non poteva arrecargli alcun danno, e in questi casi, questi tizi fanno il vocione grosso.
Guarda caso, nel salire gli ultimi scalini che mi avrebbero portato al binario 1, incrocio un signore distinto e di colpo, chissà perché il tizio frustrato abbassa la voce e smette si seguirmi, tornando indietro e borbottando in tono minore che non è giusto lamentarsi del servizio di Trenitalia etc. etc.
Se per caso passate alla stazione di Cremona, e vedete un controllore o funzionario alto, magro, moro e coi baffetti scuri, be’, portategli i miei saluti.
Dopo avergli lanciato il quinto “VILLANO!”, mi lascio tutto alle spalle e raggiungo il treno: ho ben altro a cui pensare che perdere tempo con gli idioti.

Epopea GdiG - 1

Finalmente il giorno è arrivato!!!
Fino a venerdì sera credevo di non poter andare perché temevo di dover dare reperibilità in certe fasce orarie, poi su internet ho letto che questo non è richiesto per l’infortunio sul lavoro.
Ergo… sarei andata a Bergamo!!!
Evviva!!!
Altra breve ricerca su internet per scoprire che l’unico treno che mi avrebbe fatto arrivare in tempo partiva alle 6:12 di domenica mattina. Coincidenza a Cremona, e arrivo previsto a destinazione per le 8:30. Buono, un’ora e mezza di tempo per guardarmi un po’ attorno e trovare il modo di arrivare al Centro Sportivo. A tal fine mi sono pure stampata la Google map con le indicazioni dalla piazza della Stazione a Via dei Carpinoni, la mèta.
Tutto pronto!
Ah, … mancava un piccolo particolare: e per arrivare da casa mia alla stazione di partenza? Verdetto di internet: a quell’ora, nella mia città, non circola nessun autobus.

No, non volevo proprio scomodare nessuno per accompagnarmi alla Stazione, a quell’ora della domenica mattina: mia mamma non ha la patente, mio papà… ehm… non ha la macchina, mia sorella lavora fino a tardi sabato sera… e ai miei amici… risparmio la levataccia.
Una rapida valutazione della situazione mi fa decidere di alzarmi alle … 4:30 (che disgrazia…), prepararmi in mezz’ora (che record…) partire alle 5:10 da casa prevedendo tre quarti d’ora per raggiungere la stazione con il solo mezzo a disposizione: i miei piedi, anzi… il mio piede!!!
E così, armata di determinazione, trascino la mia gamba de legn con la sola stampella disponibile, lungo tutto il diametro della città verso il treno (fortunatamente la mia è una città piccolina, sfortunatamente abito dalla parte opposta rispetto alla stazione).
Di bello la mia città ha il fatto di essere sicura; anche una ragazza da sola, su una gamba sola, può permettersi di girare al buio delle 5 di mattina senza timore alcuno, perché al mattino, ma anche per tutta la notte, la città è deserta.
Sarà che in queste sere mi sto facendo una cura di Dvd coi film di Sergio Leone, ma mentre mi trascinavo in quel nulla desertico, sentendo riecheggiare i miei passi… ehm.. il mio passo, mi sembrava di essere il reduce di un duello armato che si trascinava con le sue ferite sorrette da una stampella verso uno sgangherato treno a vapore, e potevo aspettarmi di veder rotolare per le strade dei cespugli secchi spinti dal vento.
Sapete? Per tutto il tragitto non sapevo se ce l’avrei fatta ad arrivare, perché mi conosco: di solito, se il treno parte alle 6:12, io arrivo là alle 6:11:30”. Generalmente dunque ci riesco lo stesso, ma questa volta l’opzione “corsa” non era contemplata nel programma.
Perciò, quando ho visto la stazione davanti a me, ho sentito nelle orecchie la tipica musichetta de “Il buono, il brutto, il cattivo”: sono rimasta di stucco nel vedermi approdare in stazione con ben 15 minuti d’anticipo! Mai vista una cosa del genere!!!

Niente ansia per arrivare allo sportello trafelata e biascicare in fretta le indicazioni per l’emissione del biglietto! Niente lotte per beccare il treno in corsa stile Far West!!!
Evviva! Questa si preannunciava proprio come una bella giornata!!!
(...segue...)

giovedì 18 ottobre 2007

Ama (Kendo Cus Verona) vs Mr. X (Dojo: unknown) 0-4 (ebbene sì, 4!!! Men-Men-Men-Koté)

No, adesso, ditemi voi…
Di solito presto molta attenzione ai messaggi che mi manda la vita, sulle direzioni da prendere o meno.
A questo punto devo capitolare… e comincio a dubitare che forse il kendo non lo praticherò mai.
L’ho conosciuto la sera del 22 dicembre 2006, a Verona, una folgorazione come quegli innamoramenti sbagliati per persone che non ci ricambieranno mai, e che mai se ne andranno dal cuore.
Dopo 5 lezioni e un seminario, mi è successa una cosa per cui ho dovuto abbandonarlo, il 18 gennaio 2007.
Un fuggevole saluto l’ho dato al kendo il 28 gennaio al Trofeo dei Laghi.
Non mi sono mai rassegnata: dopo diversi mesi di frequentazione di forum e siti inerenti il kendo, non potendone più, ho chiesto al mio istruttore di fare una lezione sui rudimenti di questa disciplina, per una pratica ridottissima e limitata, sì, ma quotidiana, in modo che quando avrei ripreso non sarei arrivata al dojo completamente a digiuno.
Al ritorno, perdo armi di kendo, custodia e già che c’ero, anche le armi di aikido, perché no?
Non mi sono rassegnata. Riacquisto le armi tramite il mio istruttore espressamente dal Giappone con amore.
Bene, sono di nuovo pronta: baldanzosa e brillante affermo e comunico a tutti che nonostante le difficoltà IO SICURAMENTE inizierò a praticare kendo con la nuova stagione, a settembre.
Questo simpatico kendoka avversario che per il momento non ha ancora nome, (e non credo che si chiami Sfiga, avrà anzi un suo messaggio ben preciso da recapitarmi e che devo comprendere) mi ha lasciato giusto il tempo di dirlo a tutti, dopodichè: incidente, tutti incolumi, ma sfascio e rottamazione di quella discreta vettura giallo canarino che fungeva da anello di congiunzione tra me e i 45 km che mi separavano dal dojo. Senza contare che la vettura non era neppure mia, ma di mio padre (l’ultima persona al mondo con cui vorrei avere un debito). Sarà che ero un po’ cotta dopo 18 ore di lavoro? Che perspicacia! A volte mi sorprendo di me stessa!
La cosa mi fa riflettere sulla necessità di mettere a posto tutta la mia esistenza incasinata, in un baleno elimino tutto ciò che mi distoglie dall’urgenza di sistemarmi.
E il kendo continua a popolare i miei pensieri… E il kendo continua a popolare i miei pensieri…
Finché partorisco la brillante idea di fare il corso di GdiG, per seguire il kendo almeno “da fuori”, come comunicato a tutto il web nel post precedente.
A tre giorni dal giorno del corso: frattura del dito anulare sx e distorsione della caviglia: giro con cavigliera, un tutore e… una stampella (perché l’altra mano ovviamente è ingessata).
Ora, credete che mi rassegni? A Berghem ci vado saltellando, piuttosto! Ma ci vado lo stesso!
Certo è, che ora comincio a guardarmi attorno con una certa circospezione …