venerdì 13 giugno 2008

SALUTI

Ciao ragazzi!
Voglio ringraziare tutti quelli che mi hanno seguito, chi da tempo, chi occasionalmente.
Virtual kendo è stata per me una bella esperienza, che tra l'altro mi ha fatto conoscere persone a cui tengo molto: Laura Imperiale e Carlo Sappino.
Mi ha permesso di fare altre belle conoscenze, quel pazzerello di doc e Giulia (a proposito Giulia, ti è piaciuta l'intervista?).
Mi ha permesso di continuare i rapporti con alcuni simpaticissimi personaggi che avevo conosciuto sul forum di arti marziali che ha dato origine a questo blog (vedi "L'origine di questo blog" nella sidebar): Carlo Caprino e Pietro Nicolaus Maria Giovanni Numerio Gontrano Roselli Lorenzini (sì sì, avete capito bene, tutti questi nomi sono una sola persona, verificate qui!!!).
E' stato anche un collegamento con i simpatici ragazzi del Genova Kendo, GiO e Jona.
Saluto anche un signore del Jikishinkan Dojo (di cui purtroppo non ricordo il nome) che mi legge sempre, come mi ha detto Michela. Mi fa piacere! :-)
Ma saluto anche tutti quelli di cui non ho conoscenza e che mi hanno letto.
Anche col kendo ho dovuto nuovamente abbandonare: invece di Virtual Kendo.... Real Life, altroché !!!!
A questo punto mi arrendo: "Questo matrimonio (col kendo) non s'ha da fare!", e non posso certo dire di non averci provato!!!
Saluto e ringrazio soprattutto Christian Filippi, davvero un istruttore eccezionale, che mi ha fatto innamorare di questa disciplina fin dal primo momento, per la passione che mette nell'insegnamento, dando veramente il massimo a chi desidera imparare.
Non saluto i miei amici GdiG, Mino perché non ne ho voglia (.............scherzo! D'altronde dovevo pur terminare con una frecciatina per te, no?), Michela, Claudio, Andrea Morando e Andrea Setti, perché tanto ci si potrà vedere ancora in giro per le manifestazioni federali.
Ah, a proposito, ci si potrà vedere ancora con tutti proprio in queste occasioni e comunque ci si può comunque mantenere in contatto (cosa tra l'altro che mi farebbe molto piacere), vero? Trovate in ogni caso la mia e-mail nel profilo.
Poi non è detto che più avanti non riprenda a scrivere, se il tempo e una ritrovata tranquillità lo renderanno possibile.
Chiudo con delle belle parole che mi aveva scritto Carlo Sappino:
"A volte si vince, a volte si perde, ma la vita continua, sempre.
A volte bisogna saper fare le valigie mettendoci dentro le cose buone della nostra vita per portarle con noi ed abbandonando tutto il resto....
A volte ricominciare è bello."

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Nella foto, tanto per dire quanto sia bella la possibilità di internet di fare conoscenze, un incontro con alcuni personaggi del forum di arti marziali, che ho incontrato di persona dopo un anno e mezzo di conoscenza solo "telematica".
Tra di loro c'è anche il fantomatico... PNMGNGRL! Chi sarà mai?

giovedì 12 giugno 2008

Che bello!

Ho pubblicato la versione inglese dell'intervista a Caleb (vedi English version nella sidebar) e probabilmente verrà linkata su Simulacre!!!!

Soddisfazione!!!

sabato 7 giugno 2008

8a

Ieri notte ho sognato Jonathan Ochoa del Genova Kendo.
Ci eravamo sentiti per telefono e io senza dire nulla, di notte, sono andata a Genova.
Mi sono fermata in strada, nel centro storico, a guardare dentro il suo appartamento attraverso una finestra che lo inquadrava mentre stava cucinando. Doveva esserci una festa, credo.
Poi ad un certo punto si gira e vede 'sta ragazza ferma in strada che lo sta fissando e prende un po' paura, o quantomeno rimane perplesso.
"Sono ama!"
E mi unisco alla festa.

martedì 3 giugno 2008

Intervista a Caleb Crane, autore di Simulacre - 3a PARTE

Helix Industries

L’anno scorso hai fondato la Helix Industries, basata sui tuoi studi e la tua esperienza lavorativa di 8 anni. Ci puoi dire qualcosa in più?

La Helix Industries è una piccola società di consulenza sulla sicurezza di network e computer. Sono stato alla Fidelity per 8 anni e in Giappone per 3. Dovevo fare una scelta: firmare qui un contratto full-time o tornare negli USA. Sentivo però che il tempo da trascorrere in Giappone non era finito. Volevo rimanere. Tuttavia il mio lavoro non mi dava sfide da affrontare. Non sapevano bene cosa fare del mio insieme di skill specifici; sapevano solo che volevano tenermi.

Stavo lavorando nel dipartimento marketing al tempo, e mi sono reso conto che in questo Paese c’era denaro per questo particolare tipo di lavoro. Ho avvicinato tre persone che avevano un insieme di skill necessari per dar vita ad una società e ho chiesto loro di unirsi a me. Abbiamo messo tutti del denaro preso dai nostri risparmi e abbiamo sbrigato il lavoro d’ufficio necessario per creare la società. Nel giro di pochi mesi il nostro investimento si è ripagato e abbiamo avuto dei buoni anticipi per maggiori affari.

Sostanzialmente tutto si riduceva ad una decisione del tipo “ora o mai più”. Sentivo che mi stavo atrofizzando e che avevo bisogno di una nuova sfida.

La tua visione della vita

Essere giovane, ma: vivere in un Paese straniero, arricchire la propria vita con diverse esperienze di viaggio, avere una passione per la fotografia apprezzata in tutto il mondo, fondare una società… Elementi come questi creano una vita speciale e mi fanno pensare ad una mentalità aperta e ad una visione ottimistica della vita. Qual è la tua visione della vita?

La mia visione dei cambiamenti nella vita dipende dalle circostanze del giorno, dalle persone con cui sono e da quanto ho bevuto.

Spesso mi definisco pessimista, ma non permetto a questo di intralciare la mia fiducia di ottenere il massimo da ogni situazione. So che dovrò affrontare situazioni negative, ma in questi casi recupero la mentalità che ho imparato quando vivevo nei pressi del pericoloso vicinato dei bassifondi: abbasso la testa e continuo a camminare.

Sono cresciuto con veramente pochi amici per il fatto di essermi dovuto spostare in continuazione, vivendo in una fattoria isolata e trascorrendo i week-end in un quartiere in cui nessuno mi conosceva. Questo credo sia il motivo per cui do così tanta importanza all’amicizia e mi ci vuole un po’ di tempo per farmi degli amici. Credo che l’amicizia sia incredibilmente importante, ma ci sono veramente solo poche persone che lo capiscono. Solo poche persone abbandonerebbero tutto e volerebbero intorno al mondo per aiutarmi; la stessa cosa che farei io se loro avessero bisogno di me. Queste sono le persone a cui io tengo più di qualsiasi altra cosa o chiunque altro.

Per quanto mi riguarda, la vita consiste: nell’avere sempre nuove e diverse esperienze, trovare quelle relazioni in cui credere e che dureranno per sempre e controllare il mio tempo. Quando morirò voglio essere con le persone che amo e voglio essere in grado di dire che ho avuto una vita unica e realizzata. Voglio semplicemente sentirmi soddisfatto. Voglio sentire di non essere stato mai troppo impaurito nel provare qualcosa di nuovo e interessante.

E’ giusto dire che hai avuto dei sogni che hai realizzato? Hai altri sogni che non hai ancora esaudito e (se possibile) potresti dire qualcosa a riguardo?

Naturalmente, faccio sogni per me stesso ogni singolo giorno. Alcuni sono semplici, altri no. Ultimamente mi piacerebbe prendere lo zaino e fare il vagabondo dall’Inghilterra al Giappone. Mi piacerebbe sviluppare la mia azienda fino al punto da poter assumere un sacco di persone e da costruire un’impresa di successo che possa proseguire anche dopo di me. Mi piacerebbe fotografare l’Artico. Mi piacerebbe un sacco passare un anno in barca navigando intorno al mondo. Mi piacerebbe dar vita ad una mia fattoria. Mi piacerebbe vedere una mia foto appesa al museo Smithsonian. Mi piacerebbe vedere una mia illustrazione alla Tate Gallery. Mi piacerebbe essere in grado di disegnare. Quest’estate voglio attraversare gli Stati Uniti in moto. Adorerei praticare kendo per il resto della mia vita tutti i giorni. Sarebbe fantastico pubblicare un libro letto e apprezzato da molti. Spero di avere figli felici e sani che portino avanti il nome della mia famiglia, che rispettino la storia della loro famiglia e che realizzino molto più di me.

SALUTI e RINGRAZIAMENTI
Chiudo con un'immagine paradossale: dopo quanto letto, l'ultima cosa che mi viene in mente pensando a Caleb è ... una persona "incatenata".

Beh, che dire, Caleb, sono molto colpita da quello che hai scritto.
Immaginavo che fossi una persona speciale, ma ora so perché!
Ti farò sapere se ci sono altre domande da parte mia o da parte di altre persone.
Grazie mille!


"Grazie per le tue parole gentili. Gli ultimi giorni sono stati difficili per me, perciò fa piacere ricevere incoraggiamento.
Mi farà piacere incontrare te e i kendoka italiani quando visiterò l'Italia in futuro."

Senz'altro nel 2012, perché i Campionati Mondiali si terranno in Italia.

"Beh, pensavo prima: l'Italia è in cima alla lista dei Paesi che voglio visitare. Ho bisogno di buoni consigli su posti dove si mangia bene."


.....C'è qualcuno di voi che vuole dargliene? ;-)

lunedì 2 giugno 2008

Intervista a Caleb Crane, autore di "Simulacre" - 2a PARTE

Kendo

Da quanto tempo pratichi kendo e perché hai iniziato?

Ho iniziato a praticare kendo circa un mese dopo che mi sono trasferito qui. Una volta trovato l’appartamento, ho trovato un dojo lungo la strada vicino a casa e ho pensato che fosse una cosa divertente da provare. Sembrava anche un buon modo per esercitarmi in giapponese, dato che nessuno al dojo sapeva parlare l’inglese. Sono arrivato qui 4 anni e mezzo fa, quindi questo è il tempo che pratico kendo, con qualche interruzione dovuta a un infortunio alla schiena e al ginocchio.

Mi piacerebbe poter dire che ho iniziato kendo perché volevo essere Luke Skywalker, ma alla fine l’ho fatto perché semplicemente mi pareva divertente.

E’ il kendo una realtà separata dalla tua vita ordinaria? Cioè, si tratta di un semplice interesse sportivo o piuttosto ritieni che il kendo abbia influenzato il tuo modo di essere?

Il kendo, per chi lo pratica seriamente qui, sembra essere una realtà separata. La maggior parte dei cari amici provengono dal dojo. Quando vanno fuori, il kendo li accompagna. Quando parlano, è quasi sempre riguardo al kendo. Ho trascorso periodi nei quali per la maggior parte del tempo frequentavo gente del kendo, ma questo era soprattutto all’inizio quando ero in cerca del mio posto qui. E’ abbastanza divertente mettere insieme i miei compagni di kendo con persone “normali”. Le persone che non fanno kendo invariabilmente finiscono per fare domande che potrebbero essere l’equivalente di chiedermi se riesco a usare le bacchette per mangiare. E’ sempre divertente guardare la gente del posto e coinvolgerla nella mia quotidianità.

Spiritualmente, sì, il kendo esiste come in una realtà separata per me. Quando al dojo fa un caldo soffocante o se sei intirizzito fino alle ossa, non ha più importanza una volta iniziato il keiko.
Una volta fissate le basi, fare kendo mi calma. La mia mente sembra cessare l’attività. Tutte le preoccupazioni e lo stress del giorno (o della vita) semplicemente se ne vanno. Io e il mio avversario siamo tutto ciò che esiste. Spesso perdo, ma me ne vado sempre via sentendomi meglio.

Fotografia

Quando è iniziata la tua passione per la fotografia?

Il mio interesse per la fotografia iniziò quando ero molto giovane guardando vecchie foto dei miei genitori quando avevano la mia età e dei loro genitori. Puoi vederne alcune qui.
Non ho avuto una macchina fotografica fino ai 18 anni. Ho fatto qualche fotografia interessante, ma non sapevo molto riguardo alla fotografia o a come funziona una macchina fotografica. Ero ancora in una fase in cui mi piaceva la tecnologia, ma non pensavo di avere sufficiente cervello per imparare cose tecniche. Molte di quelle foto sono in soffitta dai miei genitori. Penso che un giorno le tirerò fuori.

Non mi sono occupato di fotografia seriamente fino a due anni fa circa. Stavo programmando un viaggio in Vietnam e Cambogia e ho pensato che fosse la migliore occasione per portarmi su una macchina fotografica SLR (single-lens reflex). Mi sono preso un kit abbastanza economico alla biccamera e non ho pensato tanto alle caratteristiche.

Sul forum di Kendo World avevi scritto: “Non mi importa molto delle specifiche delle macchine fotografiche (…)”. Suona strano per una persona le cui foto sono acclamate in tutto il mondo. Questo fa pensare ad un uomo pratico: preferisci fare e imparare attraverso l’esperienza di qualcosa, è corretto dire così?

Il gergo tecnico e le specifiche tecnico-commerciali delle macchine fotografiche non mi interessano per niente. Quando la gente mi chiede che macchina comprare, rispondo di scegliere quella che si può portare con sé dappertutto. Ergonomia e convenienza sono le carte vincenti eccetto in situazioni veramente specifiche.

Questo è il mio approccio alle caratteristiche tecniche e simili delle macchine fotografiche: uso la fotocamera che ho per fotografare quello che voglio. Se non ho la macchina per fare la foto che voglio, mi chiedo perché non può e che cosa devo fare per ottenere quello scopo. Dunque noleggio o compro la macchina o gli obiettivi che hanno la caratteristica che mi manca. Non leggo perciò una lista di specifiche per poi decidere di comprare di conseguenza. Prima decido cosa voglio fotografare, poi compro la macchina con le caratteristiche che mi servono.

Nel fotografare il kendo, se vuoi congelare la shinai mentre si muove devi fotografare con una velocità di otturatore relativamente alta. I palazzi sportivi tendono a essere poco illuminati, perciò hai bisogno di compensare l’alta velocità dell’otturatore o con un‘impostazione ISO alta o una buona apertura. Così, settando la tua fotocamera su un’accettabile velocità di otturatore, sperimenti le gradazioni ISO e le aperture finché non trovi la combinazione che funziona per te. Se non ti piace il rumore di un ISO elevato, allora aumenta l’apertura. Se l’obiettivo non ha un’apertura sufficiente per quello di cui hai bisogno, prenditi un obiettivo diverso.

Ci sono un sacco di altri settaggi ed elementi aggiuntivi in una macchina o in un obiettivo che influenzano l’immagine risultante. Semplicemente, decidi quale immagine vuoi ottenere, poi procurati il kit giusto.

Sì, suppongo di essere un tipo pratico. Amo leggere libri, ma preferisco sperimentare la vita fuori dalla mia porta piuttosto che stare sul divano a leggere delle esperienze degli altri.
Preferisco senz’altro imparare a pescare pescando, piuttosto che qualcuno mi scriva come farlo e mi dia una mano.
Chiederei se mai dei chiarimenti e consigli su una particolare tecnica, ma ho bisogno di scoprirne la strategia da solo per interiorizzarla veramente.

Foto per gentile concessione di Caleb

domenica 1 giugno 2008

Intervista a Caleb Crane, autore di "Simulacre".

Quasi tutti i kendoka conoscono il blog Simulacre, ricco di splendide immagini di kendo (e non solo) che l'autore coglie in intensi quanto rapidissimi attimi di agonismo, con una definizione ed un'espressività stupefacenti.
Già da un po' desideravo saperne di più su questo ragazzo americano di Boston, che vive in Giappone da più di quattro anni e che l'anno scorso a 29 anni ha fondato un'azienda di consulenza sulla sicurezza informatica. Amante della fotografia, è diventato fotografo professionale per Kendo World.
Così gli ho chiesto se potevo fargli un'intervista, ed ha accettato di buon grado: "Suona divertente."
La pubblicherò in tre parti (del resto non mi aspettavo risposte così lunghe e ricche) e pubblicherò poi la versione originale su virtualkendoenglish.blogspot.com.

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PRIMA PARTE
Vivere in Giappone

Perché hai scelto di vivere in Giappone? Si è trattato di un caso (ad es. per lavoro) o di un reale desiderio dovuto ai tuoi interessi (all'Università ti sei laureato in Scienze del Computer, ma hai studiato materie complementari come "Storia e Studi sull'Asia")? Come ci sei riuscito?

Ti risponderò a ruota libera, risposte tipo "flusso di coscienza". Spero che sia ciò che stai cercando.
Io volevo andare in Giappone. All'Università ebbi la possibilità di studiare un anno all'estero a Nagoya, ma questo avrebbe voluto dire non riuscire a laurearmi in corso. Ho pensato che le opportunità di trovare un buon lavoro sarebbero state molto maggiori una volta in possesso della laurea in Scienze del Computer, piuttosto che nelle mie materie complementari di Studi asiatici. Avevo ragione. Trovai un ottimo lavoro (in modo quasi del tutto casuale) che amavo e che mi tenne impegnato per cinque anni.
Durante la mia permanenza alla "Fidelity" ottenni qualche ottimo contatto con manager a Boston, nel Texas, a Hong Kong e Tokyo. Ho anche organizzato due viaggi di lavoro a Tokyo. Ho costruito grande tecnologia partendo da zero, comprato una casa con alti soffitti, preso una nuova macchina, una moto veloce, ho avuto qualche storia seria con delle ragazze ed ero generalmente soddisfatto. La vita era comoda.

Il modo in cui sono cresciuto è leggermente diverso dalla maggior parte degli americani. Vissi in una fattoria fino a cinque anni. Mia mamma e mio papà divorziarono (cosa tipica di noi americani, suppongo...) e da allora in poi vissi con mio papà nella fattoria durante l'estate e con mia mamma durante l'anno scolastico. All'inizio mia mamma aveva veramente poco. Vivevamo in una casa diroccata con una stufa a legna come riscaldamento. All'inizio lei non aveva neanche un letto su cui dormire. Lavorava in un locale in fondo alla strada e andava a scuola durante il giorno. Alla fine si laureò e cominciammo ad andare in giro e spostarci ogni anno così che lei potesse trovare un lavoro migliore.
Ad ogni anno scolastico dovevo adattarmi a un nuovo quartiere e a nuove persone. Non fu facile.

Durante le estati lavoravo in fattoria dal lunedì al venerdì con mio papà. Al sabato andavamo a Washington D.C. per vendere i nostri prodotti al mercato Est. Poi trascorrevamo il resto del week-end in D.C. con la mia matrigna. Nel luogo in cui lei viveva, io ero un totale estraneo, un outsider. Non ero andato a scuola con i ragazzi del posto, così nessuno mi conosceva. Il nostro quartiere era abbastanza carino, ma il vicinato potrebbe essere descritto come pericoloso. Ci furono delle volte in cui non mi sentii per niente al sicuro. Ho imparato a tener la testa bassa.

Così, all'età di quattordici anni avevo vissuto in quasi tutti i cliche sociali che l'America può offrire. Potevo tranquillamente dire alle persone di essere un povincialotto che vien dalla campagna, un ragazzo del centro città, un emarginato della periferia. Ero inoltre ormai abituato a cambiar casa costantemente.

A 19 anni ho vissuto in Cina durante l'estate e la mia vita ebbe una totale esplosione.
Una ragazza sull'aereo mi insegnò le mie prime due parole di cinese, così quando l'ufficiale dell'immigrazione mi chiese i documenti potei dire "Ciao" e "Grazie" al tipo con un carabina puntata verso di me. Al momento di lasciare la Cina sognavo e parlavo nel sonno in cinese. Queste frasi non erano complesse, al massimo il linguaggio di un bambino cinese, ma questo ha aperto una finestra in me. Mi resi conto che i miei tentativi falliti di imparare il francese e lo spagnolo a scuola non significavano che ero incapace di imparare un nuovo linguaggio. Tanto più che poteva essere divertente. La cosa più bella era incontrare persone di altri Paesi, vedere luoghi di interesse stranieri e mangiare enormi quantità di gran cibo che semplicemente non avrei potuto trovare di ritorno a casa.

La mia decisione di andare in Giappone fu probabilmente influenzata da tutte queste cose. Stavo bene con il mio lavoro e nella mia casa a Boston, ma stavo diventando inquieto e insoddisfatto. Ero abituato a muovermi. Ero abituato ad avere nuove esperienze ed essere catapultato costantemente in nuovi ambienti. Non stavo vivendo nuove esperienze. Stavo solo comprando cose. Quando ero all'Università volevo andare in Giappone, ma ho dovuto rinunciare a quell'opportunità. Sono stato benissimo in Cina, ma sono dovuto ripartire dopo solo tre mesi. Potevo imparare una nuova lingua, se mi ci fossi completamente immerso. A Boston vengono parlate veramente molte lingue, ma la full-immersion non è possibile.

Così un pomeriggio entrai nell'ufficio di un vecchio boss con un sacco di contatti in azienda. Gli dissi che volevo andare in Giappone. Sostanzialmente mi disse di stilare il mio curriculum vitae e di incontrare il signor Tal dei Tali. Feci come mi disse e dopo una breve intervista il signor TdT mi chiese quando potevo partire. Due mesi dopo avevo venduto la mia casa, archiviato la maggior parte delle mie cose ed ero su un aereo.

Nessuno dei miei diplomi ha avuto una diretta influenza sul mio lavoro e le interazioni che ho qui, ma sono sicuro che l'esperienza di studiare per questo e alcune delle informazioni che ho imparato a scuola mi sono state d'aiuto.

Vivere in Giappone è come ti aspettavi che fosse?

In Cina ho imparato abbastanza in fretta che avrei dovuto evitare di farmi delle aspettative se volevo divertirmi. Quando viaggio non programmo molto o non faccio molte ricerche riguardo alla nazione. Preferisco scoprirla in modo organico. In questo modo non mi costruisco nessuna aspettativa che possa essere drasticamente ridimensionata.

Non mi aspettavo che il Giappone fosse meraviglioso o terribile. Avevo letto qualcosa riguardo alla cultura e sapevo qualcosa della lingua, ma cercavo di rimanere aperto alle esperienze così come si presentavano. I libri di testo e gli show televisivi danno alla gente l'idea che il Giappone sia A, B e C, e che i giapponesi siano X, Y, e Z. Gli autori e gli scrittori presentano il Giappone (e ogni nazione) in un modo che induce le persone a pensare in bianco o nero. La gente se ne va con l'idea che sia sempre maleducato fare così e così, o che i Giapponesi non dicono mai così e così. Quando le persone vengono qui con questi preconcetti così limitati, certamente troveranno situazioni che confermano queste convinzioni, ma se guardassero in modo più franco e senza aspettative, allora troverebbero anche eccezioni. Gli antropologi sanno che è impossibile comprendere appieno un' altra cultura, perché le osservazioni che facciamo sono direttamente influenzate dalla nostra.

Per sintetizzare le mie chiacchiere: il Giappone è e non è quello che mi aspettavo. Ho cercato di invalidare le mie aspettative prima di venire qui, e ha funzionato.

Foto per gentile concessione di Caleb